Con -7 °C lì fuori, un cielo dello stesso colore dei tetti innevati e un venticello infido che ti si infila negli occhi, gli olandesi hanno inventato dei piatti a base di patate che riscaldano la pancia e l’umore.
Si può affermare tranquillamente che il piatto nazionale olandese sia il boerenkoolstamppot (pronuncia burencólstampot). È a base di morbide patate lesse schiacciate e boerenkool, un cavolo riccio dalla forma bellissima, di un verde molto scuro e dalle foglie aperte come quelle di una felce.
La pianta (Brassica oleracea convar. acephala var. laciniata, in inglese kale, in tedesco grünkohl) resiste molto bene al gelo, anzi, la gelata deve averla passata perché diventi più dolce. Gli olandesi però amano talmente questa verdura che non aspettano la gelata e già a ottobre si trovano al supermercato i sacchetti di boerenkool lavato e tritato in pezzetti minuscoli pronti da cuocere. In Spagna ci sono intere aziende agricole che producono boerenkool per l’export nei Paesi Bassi. Il resto dell’anno lo si trova surgelato.
Lo stamppot (pronuncia stampot) è un piatto formato da purè di patate mescolato ad una verdura, di solito boerenkool oppure andijvie (pronuncia andèvi), la nostra indivia, detta anche scarola. Qualche volta si usano spinaci, porri, crauti acidi, cavolo rosso, e nella cucina moderna sono ammesse tutte le verdure che si vuole, purché ben mischiate alle patate. Se invece sono carote e cipolle ad unirsi alle patate, allora si chiama hutspot, ma se si aggiungono fagiolini corallo (quelli piatti e larghi) e fagioli bianchi, allora prende il nome divertente di blote billen in het gras (oppure blote kindertjes in het gras). Il nome significa letteralmente natiche nude sull’erba (oppure bambini nudi sull’erba) e si riferisce al fatto che il purè di patate diventa bello verdino quando mescolato ai fagiolini tagliati sottili e i fagioli bianchi sembrano appunto delle natiche pallide.
Lo stamppot si mangia nell’80% dei casi con il rookworst (il salsiccione affumicato di cui avevo parlato nell’articolo sull’erwtensoep, la zuppa di piselli olandese), e con il jus, cioè il sugo dell’arrosto (anche se quasi tutti usano quello in bustina di una nota marca di cibi chimici). Ma del buon sugo di brasato ha il suo perché ed il freezer è sempre un ottimo amico.
Per cucinare lo stamppot di boerenkool, bisogna prima eliminare la nervatura centrale dalle foglie di boerenkool con un coltellino affilato o tirando le foglie con le mani (così si sente meglio dove la nervatura alla punta è tenera a sufficienza per essere mangiata). Le nervature si buttano perché sono dure e filamentose (ma nei passati periodi bui si mangiavano anche loro, basta tagliarle piccole e cucinarle a lungo). Il resto delle foglie si taglia a pezzettini e si mette a bollire in acqua bollente salata. Diciamo mezza pentola di acqua per cuocere una pentola intera di verdura.
Volendo, si può mettere il rookworst a cuocere in cima al boerenkool: deve esser cotto al vapore, se no la pelle scoppia e il suo sughino interno si perde.
A parte si cuociono le patate, possibilmente del tipo farinoso. Il boerenkool cotto si scola bene della sua acqua. Scolando le patate, conservare una tazza della loro acqua, soprattutto quella in fondo alla pentola dove ci sono pezzettini di patata sciolta.
Patate e boerenkool si incontrano nella pentola calda e lo stamper fa il suo lavoro per ottenere un purè uniforme. Se questo dovesse risultare troppo asciutto, si può unire un po’ dell’acqua di cottura delle patate. Poiché questa pietanza viene mangiata con il salsiccione affumicato e il jus, il sugo di arrosto, a quanto mi risulta non si aggiunge né latte né burro al purè. Sì a sale e pepe, di solito bianco, e una bella cucchiaiata di senape piccante.A me il rookworst non sempre piace, e se posso lo sostituisco con paio di fettine di cotechino oppure di chorizo. Ecco come si fanno i matrimoni misti in cucina.