Chitarrelli, troccoli e tonnarelli, una faccia…

Tre nomi diversi e tre regioni per tre formati di pasta che se non sono esattamente la stessa cosa di certo si assomigliano molto: impasto di farina e uova, sezione più o meno quadrata, spessore importante.Abruzzo, Puglia (anzi, una parte della Puglia) e Lazio sono accomunati da questi spaghetti ruvidi e saporiti: volendo potremmo aggiungere anche i cugini pici dalla Toscana, ed ecco riunita nel piatto una buona parte d’italia.

Le radici comuni sembrano introvabili, anche se, volendo, si può intravedere nella transumanza dei pastori abruzzesi il filo che congiungeva l’Abruzzo e il Molise con la Puglia garganica da una parte e con il Lazio dall’altra: un filo lungo il quale probabilmente hanno viaggiato nei secoli non solo greggi e pastori, ma anche tradizioni gastronomiche.

Tra i tonnarelli laziali e i maccheroni alla chitarra c’è una maggiore vicinanza geografica e una comunanza di utensili: entrambi si ricavano con la chitarra, una sorta di telaio di legno sul quale sono disposti, equidistanziati, tanti fili di acciaio paralleli, sui quali la sfoglia viene posata e premuta con il mattarello, in modo che gli spaghetti cadano sull’asse sottostante.

Dal lato opposto a quello che si vede nelle fotografie, vi è un’altra schiera di fili ben tirati, sempre equidistanziati, ma disposti a distanza minore, per consentire di variare la larghezza degli spaghetti (o delle fettuccine, perché l’utensile può servire ovviamente anche a tale scopo). Delle viti sui lati più corti dello strumento possono essere regolate per “accordare” la chitarra, in modo da avere la giusta tensione dei fili d’acciaio.

Non è facilissimo trovare la chitarra nei negozi per casalinghi, ma in rete si riesce a reperire: se poi abitate nel Lazio o in Abruzzo, potete avere la fortuna – come è capitato a me – di trovarla in un mercatino di quartiere, ed è quasi emozionante.

La sfoglia nelle foto è piuttosto sottile, e da essa ho ottenuto qualcosa di più simile alle fettuccine. Per ottenere i classici spaghetti alla chitarra (o tonnarelli), di sezione quadrata, lo spessore della sfoglia deve essere pari alla distanza tra le corde: ovvio che sarà il gusto personale a definire il vostro, ma la regola aurea è questa.

C’è una peculiarità da segnalare nel Viterbese, anzi, come capita spesso in Italia, una miriade di sfumature peculiari: qui i tonnarelli, o tortorelli, o uno degli altri numerosi nomi con cui vengono chiamati nei diversi Comuni, sono fatti solo di acqua e farina: l’impasto deve essere morbido e malleabile, perchè ogni singolo spaghetto si ricava arrotolando con i palmi delle mani un pezzetto di pasta, fino a renderlo sottile. Non sezione quadrata, dunque, ma tonda.

Per ritrovare i cugini dei maccheroni alla chitarra bisogna viaggiare verso Sud, e arrivare in una ben definita area della Puglia, la Daunia: l’area a Nord, quella che comprende la provincia di Foggia e il Gargano, per capirci. Qui scompare la chitarra e appare invece il troccolaturo, un mattarello di legno che, a differenza dei normali mattarelli, è scanalato: una volta ottenuta la sfoglia con un normale mattarello, si ricavano i troccoli passandoci su il troccolaturo ed esercitando una leggera pressione.

Anche in questo caso, questo particolare mattarello si trova solo nella Puglia garganica o nel grande pozzo di San Patrizio internettiano, ma una discreta alternativa è la macchinetta per la pasta con l’apposito utensile per le tagliatelle: se la sfoglia ha il giusto spessore, il risultato sarà soddisfacente, anche se ovviamente non avrà la ruvidezza lasciata dal legno, che è il valore aggiunto di questo tipo di pasta, e che le consente di raccogliere al meglio i sughi e i condimenti.

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In questa zona circoscritta il nome troccoli (o torchioli) assume diverse forme dialettali, riportate da Luigi Sada nel suo libro “La cucina pugliese”: truòcchele nel Foggiano, trùegghiele a Minervino Murge, rendòrce nelle zone di Apricena, San Severo e Torremaggiore. E ancora ntrùccele a Monte Sant’Angelo, luogo peraltro da cui proviene il mio troccolaturo, quello che vedete in foto, portato come souvenir alla mia mamma da una me allora undicenne alla prima gita delle medie.

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Ma qual è il condimento migliore per questo tipo di pasta?

Il DIPENDE è d’obbligo: se siete in una trattoria romana difficilmente troverete un menu in cui manchino i tonnarelli cacio e pepe (non chiedete tonnarelli alla carbonara, pasta all’uovo condita con l’uovo, vi guarderebbero male!), mentre gli spaghetti alla chitarra abruzzesi sono tradizionalmente conditi con un robusto ragù di carne, meglio se di agnello.

Un piatto – o meglio un alimento – così tradizionale non teme certo le innovazioni, specie se provengono da chef eccellenti che rispettano le materie prime e il territorio, come Niko Romito: durante l’edizione di Identità Golose del 2010 presentò il piatto “Farina, scampi e semplicità” in cui nell’impasto degli spaghetti alla chitarra le uova erano sostituite dall’albumina ricavata centrifugando le teste degli scampi a bassa velocità.

Preparati solitamente di domenica o nei giorni di festa, anche i troccoli vengono conditi solitamente con il ragù di carne, ma in Puglia troviamo anche le versioni con le cime di rapa, o quelle di mare, come quella che prevede il sugo di seppie o polpo, oppure di cefalo.

Proprio l’abbinamento con il pesce è una delle loro migliori e inaspettate declinazioni, e se vi va di provarla, eccovi la mia.

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TROCCOLI CON MISTO MARE

Ing: (per 4 persone)
Per i troccoli-tonnarelli
150 g di semola di grano duro
150 g di farina 00
2 uova
un cucchiaino di sale
acqua

Per il condimento
Due moscardini
8 scampi
300 di vongole veraci
tentacoli di 2 calamari
300 g di pomodorini ciliegia (o meglio, Pachino, veri, se li trovate, o dei buoni pomodorini in conserva, in questa stagione)
olio extravergine di oliva
uno spicchio d’aglio
un ciuffo di prezzemolo
mezzo peperoncino secco
un bicchiere di vino bianco
sale

Impastare le due farine setacciate con le uova, il sale, e solo se necessario, poca acqua, per ottenere un impasto liscio e sodo. Lavorare energicamente. Io ho tirato le sfoglie con la macchina per la pasta, volendo si può fare anche a mano con il matterello, ma in tal caso dovrete impastare più a lungo per ottenere una consistenza davvero liscia (i rulli della macchina per la pasta realizzano una parte della lavorazione prima di stendere la sfoglia definitiva).
Tirare la pasta in una sfoglia alta un paio di mm (quarta tacca dell’Imperia classica, a partire dalla più sottile), disporla sulla spianatoia ben infarinata e passarci sopra il matterello rigato, premendo forte. Probabilmente sarà necessario ripassare, in questo caso fate attenzione a ripercorrere esattamente gli stessi tagli. Separare delicatamente con le mani i troccoli gli uni dagli altri, infarinarli bene, scuoterli e metterli ad asciugare su un canovaccio o un vassoio di cartone alimentare.
Pulire ed eviscerare i moscardini ed il calamaro, ricavare i tentacoli da entrambi e anche la testa dai moscardini, tagliarla a striscioline. Staccare le chele dagli scampi. tagliare il carapace della pancia con le forbici e sciacquarli. Far aprire le vongole in una padella con del vino bianco, toglierle e sgusciarle lasciandone qualcuna intera per fare scena, filtrare il liquido e tenerlo da parte. In una padella larga mettere l’olio extravergine (no braccino corto, diciamo 50 g), lo spicchio d’aglio pelato e schiacciato ed il peperoncino, far soffriggere per un minuto, poi aggiungere i tentacoli del calamaro, i moscardini, le vongole sgusciate e quelle intere, gli scampi e le chele, i pomodorini lavati e tagliati in 4 (se preferite potete lasciare gli scampi interi, senza togliere le chele). Salare e far cuocere per pochi minuti, poi versare il liquido di cottura delle vongole, far evaporare e spegnere. Eliminare il peperoncino e l’aglio.
Cuocere la pasta in acqua bollente salata alla quale avrete aggiunto un filo di olio, toglierla al dente conservando una tazza di acqua di cottura e saltarla in padella fino a cottura, aggiungendo un po’ di acqua di cottura della pasta se necessario. I troccoli, essendo pasta fresca, tendono ad assorbirla più che la pasta secca acquistata.
Servire… subito!

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Elvira Costantini

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