Dall’orto alla tavola: due esperienze campane

C’erano una volta le trattorie di campagna, quelle in cui, da bambini, si andava la domenica per la gita fuori porta con genitori, nonni, talvolta zii e cugini; quelle in cui si consumavano lunghi pranzi sotto il pergolato beandosi della cucina casereccia, di polli e conigli alla cacciatora, di parmigiane di melanzane e gnocchi. C’erano una volta, appunto: quando si pensava che campagna equivalesse sempre e comunque a genuinità, ci si accontentava del famigerato “vino del contadino” e ben poco si sapeva, in realtà, di ciò che si aveva nel piatto.
Oggi la ristorazione evoluta di campagna punta sulla consapevolezza di ciò che si mangia, sul prodotto locale, declinato in forme semplici, addirittura basilari, o più moderne e complesse, ma comunque utilizzato in modo da esaltarne il sapore e la peculiarità. La tendenza del momento, dicono i bene informati, è il ristorante con orto proprio che cucina i prodotti che coltiva, in una pratica che va oltre il (discusso) chilometro zero.
Ma, a dispetto tanto dei trend quanto delle discussioni, il punto è, come sempre, cucinare bene/cucinare male, produrre cose buone o cose che non lo sono.

In Campania, due realtà con diverse filosofie culinarie hanno scelto di proporre una cucina a base di prodotti del proprio orto, seguendo strade differenti ma con la medesima attenzione per la qualità del cibo.

Ad Avella, in provincia di Avellino, nella terra che ha dato il nome latino alla nocciola, Il Moera è un ristorante che ha appena inaugurato un percorso nuovo: alla cucina creativa precedentemente praticata lo chef e patron Francesco Fusco ha affiancato piatti più vicini alla tradizione locale, ma interpretati secondo canoni, sia estetici sia di gusto, più contemporanei.

Alla base della piccola rivoluzione, l’orto biologico al quale ha dedicato tempo e fatica, ameno e colorato in mezzo al verde della campagna, che provvede la cucina di zucca e papaccelle, di melanzane e pomodori; il resto lo fa il territorio della Bassa Irpinia, con l’aglio orsino e le erbe aromatiche o i magnifici formaggi di piccoli produttori (eccezionale il caso moscio). La sala è accogliente e luminosa e il camino che ne occupa una parete invoglia a visite invernali; l’ospitalità è piacevolissima, corretta ma familiare, grazie a Diana Fierro, la moglie di Francesco; e la cucina ha in serbo delle sorprese, come una parmigiana di melanzane bianca davvero deliziosa, dei dolci semplici ma fragranti e freschi, il galletto ruspante che evoca in versione progredita e migliorata quei polli di campagna dell’infanzia, o il mallone, tipico piatto povero dell’Irpinia, che qui finisce in un antipasto a far felicemente compagnia a uno scampo con crema di cavolfiore.

La materia prima è ottima e trattata con mano gentile; se si aggiunge quel tocco di autoproduzione alla vecchia maniera (assaggiare la confettura di fichi per credere) e la possibilità di passeggiare tra vigna e orto, c’è da scommettere che il Moera diventerà presto una solida certezza, peraltro con un rapporto qualità/prezzo estremamente incoraggiante.

A poche centinaia di metri, l’anfiteatro romano di Avella è una ragione in più per concedersi una gita in campagna.

Cialda di frolla, crema all'amaretto, fichi e frutta secca

Cialda di frolla, crema all’amaretto, fichi e frutta secca

La Pampa, a Melizzano, nel beneventano, è un relais con poche, bellissime camere in una tenuta verde e curatissima, concepita e realizzata con rispetto per l’ambiente circostante e sulla base dei principi del recupero e del riciclo di materiali e oggetti.

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Inevitabile che orto, vigna e uliveto ne diventassero protagonisti e che la cucina ne utilizzasse i prodotti. Qui si privilegia la semplicità dei piatti e si mira all’essenziale: cotture leggere, cibo sano, una selezione di ingredienti che non si ispira alla ricerca dell’eccellenza, da qualunque latitudine provenga, ma alla stretta rivalutazione del locale e tipico, fino a spingersi verso il recupero di ciò che è dimenticato: i grani antichi, con cui nelle cucina della Pampa si prepara, tra le altre cose, una deliziosa focaccia, o le varietà di legumi autoctone e altrove sconosciute, come i fagioli Regina di San Lupo o quelli di Prata.

L’orto è biologico, inutile dirlo, e giacché La Pampa è un relais più che un ristorante, in questa bella residenza di campagna pensata e realizzata da Francesco Izzo tutto è orientato al benessere, che sia semplice relax nella natura, trattamento nella spa, passeggiate tra viti e ulivi, bagno in piscina o esperienza a tavola. La cucina, fresca, semplice ma dotata di grazia, è curata da Antonio Palmieri, e accanto alle verdure dell’orto impiega carni di qualità, maiale nero casertano, polli ruspanti; ad accompagnarla, Pegaso, un Aglianico del Sannio DOP, il primo vino realizzato in azienda grazie al lavoro dell’enologo Nicola Trabucco.

Volendo, alla Pampa ci si può sottoporre a dietoterapia; ma da edonista preferisco consigliarlo per distendersi, ritrovarsi, mangiare prodotti di qualità preparati in modo da farne risaltare il sapore naturale, mai mascherato, e conoscere la gastronomia sannita, che ha molto da dire ma comincia soltanto adesso a far parlare di sé.

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Il Moera – Via delle Centurie, 83021 Avella (AV) – Tel.: 081 8252924.

La Pampa Relais – Contrada Adocchia, 82030 Melizzano (BN) – Tel.: 0824 944914

            

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Giovanna Esposito

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