Dietro il dolce, una storia d’amore

Gli ingredienti ci sono tutti. Lei, lui, l’altro. L’alta società europea e statunitense tra ‘800 e ‘900. La stampa scandalistica. Le velleità artistiche, il clima bohémien. Una storia da manuale, oserei dire alla Henry James, se non fosse che tutti questi ingredienti confluiscono in un celeberrimo dolce ungherese: il Rigó Jancsi.
Questa delizia al cioccolato, ipercalorica e vendutissima (se ne stimano 32000 pezzi l’anno nelle pasticcerie ungheresi), ha certamente dietro di sé la vicenda sentimentale e intrigante che vado a raccontare, benché non si sappia con certezza quando il dessert sia nato.

 Foto: ©Páth Dániel / Travelo – www.travelo.hu

Foto: ©Páth Dániel / Travelo – www.travelo.hu

Lei, Clara Ward, ereditiera americana, figlia di un magnate considerato l’uomo più ricco del Michigan, doveva essere bellissima già quando, a 17 anni, salì alla ribalta delle cronache mondane. Si è nel 1890, in quell’epoca passata alla storia come età dorata, negli Stati Uniti, fatta di capitalismo in ascesa, luccichii, sfarzo e divertimento. La giovane rampolla della nobiltà di censo, e non di sangue, statunitense, conosce un vero aristocratico, Marie Joseph Anatole Pierre Alphonse de Riquet, Principe di Caraman-Chimay, deputato belga e cugino del re del Belgio Leopoldo II; uomo di non grandi attrattive, pare, oltre che squattrinato, possessore di un castello di famiglia praticamente in rovina, attempato rispetto alla fanciulla ma con una dose robusta di sangue blu. Lo sposa quello stesso anno e con lui va a vivere in Belgio, nel castello avito che grazie alle sostanze della famiglia Ward viene restituito agli antichi splendori. Gli dà due figli, un maschio e una femmina. Ma la condotta della sposa comincia ben presto ad essere oggetto di chiacchiere: si sussurra di una sua relazione col reale cugino dello sposo, molto interessato a lei come la gran parte degli uomini del suo tempo; così, un po’ per compiacere la famiglia reale, un po’ per porre fine alle chiacchiere, la coppia principesca si trasferisce a Parigi. La Parigi della Belle Époque, effervescente e ricca di tentazioni.
Clara esercita il suo fascino anche in quella città, pure troppo. Molto ammirata e desiderata, ha un carattere frivolo e piuttosto incostante, decisamente anticonvenzionale, come in seguito nella sua vita avrà modo di dimostrare. Si dice che il grande Escoffier abbia creato in suo onore le uova alla Chimay e il pollo Chimay; certo è che i coniugi Clara e Joseph sono grandi frequentatori di ristoranti eleganti e molto prodighi del denaro di lei.
E’ in un ristorante, appunto, che, una sera del 1896, il giovane sguardo di Clara incrocia quello del tenebroso violinista tzigano Rigó Jancsi, che allieta la sala con la propria musica. Galeotto fu il violino o l’occhio vellutato o forse il baffetto nero, chi lo sa; sia come sia, accade che la Principessa caschi tra le braccia del musicista bello e un po’ maledetto e, solo poco tempo dopo, si dia alla fuga con lui. Ed è subito scandalo internazionale. La stampa impazzisce e li insegue ovunque, il pubblico vuol sentir parlare solo di loro e beve avidamente il succo pruriginoso della storia. Il Principe si consola con gli alimenti che Clara è tenuta a pagargli per il mantenimento dei figli, dopo il divorzio pronunciato nel 1897.

Rigó Jancsi and Clara Ward

Jancsi e Clara convolano a nozze e cominciano a spendere e spandere in giro per il mondo. Troppo, tanto che lei si ritrova diseredata e priva del sostegno economico familiare. Perciò, per non restare, come suol dirsi, in braghe di tela, mette a frutto la propria bellezza e la propria fama. Tutti la vogliono, tutti vogliono lei e Jancsi: lui suona, lei si esibisce in costumi succinti attraverso l’Europa, da Budapest alle Folies Bergeres; posa come modella, viene immortalata in cartoline fotografiche che vanno a ruba, finisce, insieme al suo violinista, in una litografia di Toulouse-Lautrec, ovunque inseguita dai paparazzi del tempo e dalla curiosità della folla, ammaliata e insieme aspramente critica nei confronti di una donna che si attiene così poco alle norme di una corretta condotta muliebre.

Ma la passione non dura. Che sia colpa dell’irrequietezza e della volubilità di lei, come dicono alcuni, o dell’infedeltà di lui, come sostengono altri, l’amore finisce e l’ereditiera divorzia dal violinista nel 1911. Clara si sposerà altre due volte, prima della morte sopraggiunta a Padova nel 1916. Sempre con uomini di scarse fortune.
Il frutto più curioso di questa passione fin-de-siécle non è un figlio, ma un dolce.
Diverse sono le tesi riguardo alle ragioni per le quali il Rigó Jancsi, famoso almeno quanto la torta Dobos, si chiama come il fascinoso gitano che Clara sposò. La più romantica racconta che a crearlo sia stato proprio Jancsi, con l’ausilio di un pasticciere ungherese suo amico, per farne omaggio alla sua sposa. Un’altra, più realista, dice che il dolce fu realizzato da un pasticciere che decise di immortalare nel nome la storia d’amore più discussa e celebrata dei suoi tempi. La più cinica, infine, afferma che il dolce esisteva già sotto altro nome, e che il suo furbo creatore l’abbia ribattezzato per arguta strategia di marketing.
Mi piacerebbe credere alla prima, ma il disincanto mi porta a credere alla terza. Una certezza però c’è: Il Rigó Jancsi è un attentato. Tra due strati di un biscuit al cacao giace uno spessa massa di mousse al cioccolato. Su tutto, una glassa anch’essa al cioccolato.
In molte ricette il cioccolato è fondente, in altre, meno confacenti ai gusti moderni, al latte. Tra le ricette più celebri, quella di Gundel, antico ristorante tra i più famosi di Budapest. Se desiderate lanciarvi nell’opera, non così complicata, la ricetta di Gundel, in Inglese, la trovate qui.

In apertura: Idylle Princiere, di Henri De Toulouse-Lautrec

L'autore Vedi tutti gli articoli Sito web dell'autore

Giovanna Esposito

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati da *