Dolci dalla fine del mondo

Chi non ha mai preparato un Quattro Quarti? O assaggiato una crêpe dolce riccamente farcita? O ancora commesso un peccato di gola con dei burrosi sablés? La risposta sarebbe molto meno unanime se chiedessi chi conosce il Gwastell amanenn ar vro, ha mangiato Krampouezh o Sableennoù

Eppure si tratta dei medesimi dolci che hanno in comune l’origine: vengono dalla Bretagna, paese dalla lingua antica il cui lembo estremo proteso nell’Atlantico ha il poetico nome di Finistère, dal latino Finis terrae, confine, limite o fine della terra.
Non dimentichiamo che si parla di terra di leggende, del Ciclo Arturiano, della foresta di Brocéliande dove giace Merlino imprigionato da un incantesimo di Viviana o Morgana. Ma anche terra di burro, e tutto infatti ruota intorno al burro, icona della gastronomia e della pasticceria bretoni, soprattutto nella versione demi-sel, leggermente salata, con tutte le sue ghiotte varianti: al sale grosso o affumicato, al fior di sale o ai sali aromatizzati, al sale di Guérande o di Noirmoutier.
Il sale veniva originariamente utilizzato per favorire la conservazione del burro, ma nel corso del Medioevo l’imposizione di pesanti gabelle ne scoraggiò l’uso decretando la diffusione del burro dolce. L’odiata gabelle du sel, resa definitiva ed estesa all’intera Francia nel 1343 da Filippo VI, non coinvolse la Bretagna, dichiarata zona franca in quanto produttrice di sale, che continuò a farne largo uso e a salare il proprio squisito burro.
E’ da là, dal burro dolce o demi-sel, che nasce una pasticceria che non può certo definirsi leggera ma ha fatto dono al mondo di alcune specialità davvero immortali e di qualche pasta di base a partire dalla quale si sono elaborate infinite dolcezze. E se tutti conoscono il Quattro quarti, composto da farina – burro – zucchero – uova in parti uguali, e probabilmente ne hanno preparato uno, non è altrettanto noto fuori dai confini francesi il Kouign Amann, dolce tra i più tipici della bella regione alla fine del mondo.
Amann, in Bretone, significa burro, e già questo mette sull’avviso. Il Kouign Amann è impegnativo. Si racconta sia nato alla fine del XIX secolo a Douarnenez, proprio nel Finistère, grazie a Yves-René Scordia, boulanger, che, secondo le dicerie, lo creò per far fronte a un’esagerata affluenza di clienti improvvisando, come spesso accade, con le materie di cui disponeva. Di burro c’era abbondanza, di farina, pare, molto meno, e così con della pasta di pane avanzata e una quantità di burro quasi uguale, più l’aggiunta di zucchero, realizzò un dolce sfogliato dalla superficie dorata grazie a una spennellatura con latte e alla caramellizzazione. Oggi la produzione del vero Kouign Amann è tutelata dall’Association des artisans Fabriquant le Kouign Amann de Douarnenez, nata nel ’99 per salvaguardare il prodotto dalle imitazioni. Va consumato preferibilmente freschissimo, meglio ancora tiepido, per gustare al meglio la croccantezza della crosta caramellata.

Ma bretoni, come è noto, sono anche le crêpes, o Krampouezh. Fabbricate, nella tradizione locale, su un billig, una placca di ceramica di 40 cm di diametro, sulla quale la pastella viene stesa con l’aiuto di un attrezzo chiamato rozell, possono essere di grano saraceno o di frumento; di norma il sarrazin viene preferito per le crêpes rustiche (solitamente chiamate galettes) e il frumento per le dolci, con differenze però da zona a zona. Le prime piastre in ceramica di cui si ha notizia risalgono al XV secolo; l’uso del frumento è arrivato molto più tardi, probabilmente nel XX secolo. Da sempre preparate e vendute in strada e nei mercati, le crêpes risolvevano l’organizzazione di sposalizi e cerimonie: venivano servite in versione salata e poi alla fine della festa si trasformava la pastella in dessert aggiungendo uova, zucchero, spesso cannella. Il latte è comparso in tempi più recenti, e infatti la prima ricetta documentata è datata circa 1390 e prevede come ingredienti liquidi acqua e vino.

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E il Gateau Breton? Il nome, che dichiara l’origine, si riferisce a un dolce voluttuoso e denso, in cui al burro (tanto burro) fanno compagnia farina, uova, zucchero, e che si aromatizza con rum o o bergamotto o arancia e può contenere uvetta, farina di mandorle, mele, canditi. Capace di resistere a lungo, si racconta che venisse stivato dai marinai in previsione di lunghi viaggi e che durasse fino a 40 giorni: è friabile, alto 3-4 centimetri e simile a un grande disco biscottato la cui superficie è decorata con una griglia di incisioni a forma di rombo. Forse originario di Lorient, sarebbe stato presentato da un pasticciere di nome Crucer all’esposizione universale del 1861 (secondo altri del 1863) con il nome di Gateau Lorientais e in quell’occasione insignito della medaglia d’oro.

Il Farz fourn, più conosciuto come Far, è una sorta di flan più compatto, a base di uova, burro, farina, latte e zucchero e arricchito da prugne o uvetta; un dolce umido che si consuma tiepido o freddo. Viene menzionato a partire dal XVIII secolo, epoca in cui lo si preparava soprattutto in occasione di feste religiose.

A far da tentazione perenne in terra bretone ci sono poi le varie sorti di piccole dolcezze che definire biscotti sarebbe riduttivo. La loro base è la pasta sablée, friabile, fondente, intensamente profumata di burro, dalla consistenza meravigliosa, che in pasticceria trova impiego anche come “guscio” per tartes. Figlie della sablée sono le galettes bretonnes, originarie del dipartimento denominato Morbihan, sottilissime e ricche di burro salato; tonde, ben dorate, vengono realizzate stendendo la pasta a uno spessore inferiore al mezzo centimetro. Sono parenti strette dei palets bretons, che al contrario sono molto spessi, circa 1,5 cm, friabili eppure croccanti, preparati con burro finissimo. Famosi, nella categoria, i Traou-mad (“cose buone”) di Pont-Aven, creati da Alexis Le Villain e ancora oggi specialità della biscotteria da lui fondata nel 1920, che produce anche i palets classici, le galettes e le delicatissime crêpes dentelles, altra delizia bretone. Per inciso, Pont-Aven è un villaggio incantevole, caro ai pittori impressionisti che gli conferirono celebrità immortalandolo nella seconda metà dell’800 in tutti i suoi scorci più pittoreschi.

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Ma torniamo alle crêpes dentelles. Nate, a quanto si dice, a Quimper, e conosciute anche come gavottes (dal nome di una casa che le produce a Quimper dal 1920), furono forse frutto di un errore, di una crêpe dimenticata sulla piastra di ceramica che divenne croccante. Nella forma in cui le gustiamo oggi sono una creazione di Marie-Catherine Cornic, conosciuta come Madame Kartell, che sembra ne elaborò la ricetta nel 1886. Preparate con frumento, uova, zucchero, vaniglia, burro demi-sel e latte, vengono stese ad una sottigliezza estrema, tagliate a strisce  e poi arrotolate su se stesse e hanno uno spessore inferiore al millimetro.

Parlando della Bretagna e delle sue delizie, è impossibile trascurare il caramello al burro salato. La sua nascita ufficiale si colloca nel 1977 ad opera del cioccolatiere Henry Le Roux di Quiberon, che lo utilizzò per produrre dei bonbons, ma è probabile che tentasse le papille golose da molto tempo prima. Se ne fanno caramelle dure o mou, creme spalmabili, ed entra nella composizione di tanti deliziosi dessert.

Terra incantevole, da vagheggiare non solo se golosi, la Bretagna dei villaggi-gioiello come Concarneau o Locronan, della Côte de Granit Rose e delle tante punte rocciose e ventose protese verso il mare attrae senza posa, anche se si teme il burro. Ma molto di più se lo si ama, e si coltiva una sana curiosità per tutto ciò che di buono il mondo ha da offrire.

      

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Giovanna Esposito

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