Dolci nati per errore

I pasticcieri sembrano essere la categoria più svampita e distratta che ci sia.
Esiste un considerevole numero di dolci che leggenda vuole sia nato da errori, dimenticanze o omissioni.
E siccome anche sbagliare, come copiare, è un’arte, ecco alcuni degli errori talmente ben riusciti da essere ancora oggi gioie per palati golosi.
Chissà se le sorelle Stephanie e Caroline Tatin di Lamotte-Beuvron si sarebbero mai aspettate di passare alla storia più per la loro sbadataggine che per la loro arte dolciaria, ma tant’è, oramai è universalmente noto: invertire l’ordine degli ingredienti in una torta di mele ha reso immortali loro e la tarte tatin.
Si vede che per i nostri cugini d’oltralpe era un’abitudine tenere la testa tra le nuvole visto che le crêpes dentelles, anche conosciute come gavottes, sono nate a Quimper, a quanto si dice, da una crêpe che divenne croccante perché dimenticata sulla piastra di ceramica.

Ma lo svampitino d’oro non può che andare alla categoria delle monache-pasticciere.
C’ è una leggenda che vuole che i brigidini, le sottili cialde all’anice originarie di Lamporecchio molto diffuse nelle fiere toscane ed italiane, siano un espediente utilizzato da una suora di Santa Brigida per non buttar via l’impasto delle ostie che aveva sbagliato.
Monte Sant’Angelo è un grazioso paesino della provincia di Foggia, patrimonio dell’Unesco, che ha tra i suoi dolci tipici le ostie ripiene. Si racconta che nelle cucine del Monastero della Santissima Trinità alcune monache clarisse non trovarono altro che ostie per recuperare delle mandorle cadute nel miele caldo, da qui il tipico dolce di forma ovale costituito da due cialde farcite di mandorle tostate e caramellate con zucchero e miele.

Non sono pochi i dolci al cioccolato per cui dobbiamo dire grazie alla distrazione di qualcuno.
Una delle versioni sull’origine dei brownies, i noti pasticcini americani, vuole che un cuoco sbadato abbia dimenticato di mettere il lievito nella torta al cioccolato che stavo preparando.
Sulla torta caprese, quasi famosa come l’omonima insalata e come lei orgoglio dell’isola a largo della costa sorrentina, si racconta una storia che vera o falsa che sia val la pena di riportare. Si era negli anni ’20 e Carmine Fiore era alla prese con la preparazione di una torta di mandorle e cioccolato per un gruppo di malavitosi legati ad Al Capone, giunti sull’isola per comprare delle ghette al famoso boss italo americano.
Troppo tardi Carmine si accorse di essersi dimenticato di aggiungere la farina nell’impasto. Buon per lui e buon per noi perché la torta caprese risultò essere una vera prelibatezza.

A questo punto non ci resta che dire grazie all’estro e alla buona stella di chi pur con la testa tra le nuvole ha saputo trasformare in successo duraturo un potenziale disastro.

 

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Lydia Capasso

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