A Gorizia nelle ultime settimane di settembre si svolge ogni anno una manifestazione gastronomica internazionale denominata Gusti di Frontiera. Dal 21 al 24 settembre prossimi il capoluogo isontino si trasformerà in un ideale mappamondo dei sapori che rappresenta un viaggio irrinunciabile per i turisti del gusto.
L’evento, che è il più importante tra quelli organizzata dal Comune di Gorizia, attira cinquecentomila visitatori e si svolge nelle vie e in alcuni negozi della città: il centro cittadino è suddiviso in quartieri tematizzati, gli ormai leggendari “borghi gastronomici”, dedicati al cibo serbo, montenegrino, croato, sloveno, austriaco, ungherese, ceco, boemo, polacco, tedesco, olandese, francese, inglese, spagnolo, brasiliano, argentino, cinese, tailandese… e molti altri, oltre ovviamente a quello italiano con quasi tutte le regioni rappresentate.
Ci sono 400 stand che offrono cibi dai gusti, profumi e colori talvolta curiosi e dimenticati: accanto alle classiche postazioni gastronomiche che si posso trovare in varie città italiane ci sono incredibili esempi di tradizioni particolarissime locali. Ad esempio alcune associazioni pro-loco di paesetti sloveni permetto di gustare “i strucoli in straza”, strudel dolci bolliti ripieni di noci e ricotta (ne avevamo parlato qui), “i gnochi de susine”, gnocchi di patate ripieni con una prugna e serviti con abbondante burro, pangrattato e l’immancabile cannella, o anche putizze/gubane lievitate e cotte bollite (vedasi anche qui), oltre a quelle tradizionali da forno e strudel con impasti e ripieni tra i più disparati, tra cui quello profumatissimo di dragoncello locale di montagna e ricotta.
La manifestazione però accompagna alla grande sagra popolare e internazionale anche eventi culturali come il Salone del Gusto, che accoglie imprenditori del settore alimentare, esperti e giornalisti gastronomici, ma pure grandi ospiti internazionali e chef stellati: un vero e proprio esclusivo salotto culturale, che mira infatti a mettere in luce le eccellenze della cultura enogastronomica territoriale così come nazionale, sia legate alla tradizione, sia alle più nuove e interessanti dimensioni del gusto. La cultura enogastronomica di un territorio intreccia aspetti antropologici e filosofici che sono specchio della sua storia e delle sue tradizioni.
In questo ambito, con la partnership dell’ERSA, l’Ente della Regione Friuli Venezia Giulia per lo Sviluppo dell’Agricoltura, la Delegazione di Gorizia dell’Accademia Italiana della Cucina, che mi onoro di presiedere, organizza il 23 settembre nel pomeriggio un convegno internazionale dal titolo Dal latte alla Tavola – tradizioni ed eccellenze di un territorio di confine.
Uno degli obiettivi del simposio sarà anche quello di riscoprire i formaggi artigianali di un tempo, quelli dell’antica contea di Gorizia.
L’agenda dell’incontro prevede interventi su La filiera del latte a cura di ERSA, Giorgio Rizzatto, accademico, parlerà di Tradizioni del territorio, l’imprenditore caseario e Premio Villani Accademia Italiana della Cucina 2016 Giuseppe Zoff intratterrà su Innovare nella tradizione a livello artigianale, mentre Miran Bozič, responsabile commerciale dello stabilimento caseario Mlekarna Planika di Kobarid/Caporetto (Slovenia) parlerà su Conservare la tradizione a livello industriale.
L’accademico Carlo Cresta, parlerà su come [De]gustare i formaggi e abbinarvi i vini del territorio, Carlo del Torre, accademico, con In cucina con tradizione farà riscoprire secolari ricette storiche del territorio; Giorgio Rizzatto, anche grande collezionista di antichi stampi da burro, concluderà con l’intervento La conservazione della memoria.
Le conclusioni del Convegno saranno a cura della Direzione Nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina.
Come anteprima del Convegno, e per stuzzicare i lettori a partecipare all’evento, allego qui alcune riflessioni di Carlo Cresta, Accademico consultore e Segretario della Delegazione di Gorizia dell’Accademia Italiana della Cucina.
Carlo Cresta
[De]gustare i formaggi
Il Creatore, che ha costretto l’uomo
a mangiare per vivere,
lo invoglia con l’appetito
e lo ricompensa col piacere.
Anthelme Brillat-Savarin (1755 – 1826)
Le innumerevoli trasmissioni televisive che affollano i vari canali, satellitari o terrestri, con programmi aventi per oggetto la cucina hanno portato alcuni a scoprirsi giudici severissimi delle varie preparazioni, senza peraltro avere la possibilità di assaggiarle, altri invece a scoprire la necessità, ed il piacere, di sapere qualcosa in più sull’argomento. E ben venga la curiosità che porta ad uno sviluppo del gusto!
Nel linguaggio comune il gusto è l’insieme delle sensazioni che si provano mettendo in bocca un cibo o una bevanda. Tuttavia queste sensazioni non sono le sole con le quali giudichiamo un alimento: usiamo anche l’olfatto, la vista (il solo senso che utilizza il giudice di cui sopra), il tatto, l’udito; quindi il gusto va considerato come una percezione globale, sintetica, costituita da tutte le sensazioni che un alimento ci trasmette e che utilizziamo per dare un giudizio.
Ma vediamo ora come gustare un formaggio al meglio, lasciando le degustazioni in termine strettamente tecnico ai panel di professionisti.
Dovremo sottoporre il nostro formaggio ad un esame visivo, olfattivo e gusto-olfattivo, ma prima dovremo rispettare alcune regole molto importanti.
Chi ama il vino sa che la temperatura è fondamentale: per il formaggio vale lo stesso principio, anche se il discorso è molto più semplice. I formaggi vanno quasi tutti assaggiati a temperatura ambiente salvo quelli più freschi e cremosi che richiedono temperature leggermente più basse.
Altrettanto importante è la scelta del coltello, vale la regola che più la pasta è molle e più la lama deve essere sottile e stretta. Al limite, per paste molto molli si può usare un filo metallico. Con i formaggi a pasta dura, invece, vanno usati coltelli a lama larga e spessa. Con formaggi che presentano una grana grossolana, come il Grana o il Parmigiano, ma anche alcuni Latteria stagionati, si usa il classico coltello a mandorla che “spacca” il formaggio per esaltarne la granulosità.
Dal momento in cui viene tagliato, il formaggio entra in contatto con l’ambiente esterno ma soprattutto con l’ossigeno dell’aria, che porta a un graduale peggioramento delle caratteristiche. È quindi importante acquistare quantità piccole di formaggio e consumarle nel tempo più breve possibile. Una volta rispettati i criteri basilari sopra elencati, possiamo passare all’analisi sensoriale del formaggio che è simile a quella di molti altri alimenti: se ne valuta l’aspetto visivo, tattile, le caratteristiche olfattive e gusto-olfattive, e l’esame della struttura in bocca.
Le prime caratteristiche che vengono analizzate in un formaggio sono la forma, le dimensioni e le caratteristiche della crosta. Quest’ultimo dato ci informa sulle caratteristiche di lavorazione, ad esempio: le croste fiorite caratterizzano la presenza di muffe sulla superficie; le croste lavate caratterizzano i formaggi maturati lavando la crosta con siero, salamoia, olio o alcol; le croste poi possono poi essere lisce, rugose o canestrate a seconda del contenitore nel quale è stata posta la cagliata per dare la forma al formaggio.
L’unghiatura è la parte sottostante la crosta, che assume generalmente un colore più scuro, deve essere presente ma non troppo spessa ed evidente. L’occhiatura è la presenza di buchi all’interno della forma, è bene che sia ripartita regolarmente, con dimensioni dei fori omogenee. La consistenza della pasta si esamina al tatto: può essere molle, semidura o dura, elastica, granulosa, untuosa, secca, ecc.
I profumi che un alimento può offrirci sono molteplici, e infatti l’analisi olfattiva è la più complessa tra le analisi sensoriali. La cosa più difficile è quella di identificare, dandogli un nome, un particolare odore che percepiamo distintamente. Le principali famiglie degli odori riferiti al formaggio sono: odori lattici (latte fresco, latte acido, latte bollito, yogurt, burro, panna); odori vegetali (erba, muschio, fieno); odori speziati (pepe, noce moscata, zafferano, chiodi di garofano,); odori floreali; odori di tostato (cioccolato, caramello, vaniglia, di bruciato, di affumicato); odori animali (stalla, cuoio, pelo di animale). Come gusti si possono riconoscere unicamente il dolce, il salato, il piccante, l’acido, l’amaro e l’astringente.
Gli aromi, ovvero le sensazioni olfattive che ritornano per via retronasale, saranno simili ai profumi percepiti con l’olfatto ma modificati, resi più complessi. La persistenza gusto-olfattiva è la durata del sapore, che può variare da qualche secondo fino a oltre 30 secondi. Da ultimo, si potrà valutare la consistenza in bocca, che può essere dura, elastica, deformabile, fine, granulosa, gommosa, ecc.
Il discorso può sembrare complesso, in parte lo è, ma apre un mondo di nuove sensazioni che portano ad aumentare il piacere citato in epigrafe.
L'articolo di Carlo Cresta è stato pubblicato a luglio 2017 sul mensile 'qbquantobasta'
Interessante e ottimo il lavoro fatto Lo pubblico come passa parola A voi grazie