Il profumo della virtù: la mastica di Chios

Gli aromi resinosi delle conifere sono oggetto di una recente scoperta da parte di chef più o meno stellati. Ma nella tradizione greca e mediorientale esiste dalla notte dei tempi una resina fortemente profumata e ampiamente usata in cucina: è la mastica di Chios, leggendaria e fascinosa.

Chios è un’isola greca a forma di mezzaluna che si trova nell’Egeo Orientale, a poche miglia dalla costa turca. Poco nota al turismo di massa, scabra e rurale come ancora lo sono molte isole greche, ha una storia fitta di dominazioni e conquiste subite. La deve alla sua posizione. E alla pregiata mastica. 
Appetibile per tanti, perché rarissima, e oggetto di un fiorente commercio fin dall’antichità, la mastica è la resina del lentisco, arbusto diffuso in tutto il Mediterraneo ma che solo a Chios, anzi, soltanto nel sud di Chios, produce questa balsamica resina sotto forma di lacrime trasparenti. Sembra che i mercanti dell’isola abbiano fiutato l’affare in Egitto intorno al 500 a.C.: benché là non contenesse il suo intenso olio essenziale, la resina era richiesta e venduta a caro prezzo; così pensarono di avviare la commercializzazione anche  di quella della loro isola, in cui il lentisco cresceva in un clima ideale. La fortuna deve averli aiutati, dal momento che il lentisco di Chios aveva il capriccio di comportarsi sull’isola come in nessun altro luogo al mondo. Per quanti tentativi siano stati fatti in altre terre, in nessuna si è riusciti ad ottenere dal lentisco la produzione della medesima mastica. Da qui le leggende sulle sue origini, tra le quali la più popolare vuole che Sant’Isidoro, martirizzato a Chios a causa della sua fede cristiana, sia stato trascinato prima della decapitazione attraverso un bosco di lentischi, e che gli arbusti abbiano cominciato a lacrimare resina per piangerne la triste sorte.

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Anche gli astuti mercanti italiani ci misero lo zampino; più precisamente furono i Genovesi a puntare lo sguardo sull’isola, stabilendovi il proprio dominio dal 1346 al 1566, anno in cui furono messi alla porta dai Turchi; e in quei due secoli, anno più anno meno, la compagnia da loro fondata, la Maona di Scio, godette dei frutti del monopolio del commercio della mastica, sapientemente incrementato e diretto verso la Grecia, la Siria, Rodi, Cipro, Costantinopoli, Alessandria. Tale era l’importanza economica della resina che il furto ne veniva punito con misure severissime che andavano dalle amputazioni fino all’impiccagione.
 Citata da Ippocrate, esaltata da Galeno e da Dioscoride, considerato l’iniziatore della farmacologia, alla mastica si attribuivano innumerevoli proprietà benefiche e terapeutiche. Il bello è che la scienza moderna le ha confermate tutte scoprendone anche di nuove. Ricerche  e studi hanno assodato che, oltre ad essere ideale da masticare, come una gomma, perché profuma l’alito e riduce la placca anche del 41%, possiede effettivamente, come già sapevano gli antichi, la capacità di alleviare i disturbi dello stomaco, del fegato e dell’intestino; addirittura combatte l’Helicobacter pylori, il batterio responsabile dell’ulcera; inoltre è utile per abbassare il colesterolo e i trigliceridi, ha proprietà antibiotiche, antimicrobiche e antibatteriche, contiene sostanze cicatrizzanti e, secondo ricerche recenti, è fonte di alcol perillyl, un monoterpene che pare abbia azione antitumorale. Non c’è da stupirsi di nulla, dal momento che la mastica (o mastice; sissignori, è anche un collante) contiene centinaia di componenti di cui solo un’ottantina presenti in quantità tale da poter essere identificati.

Ma al di là degli indubbi benefici del suo consumo, la mastica (a Denominazione d’Origine Protetta dal 1997) è anche e soprattutto un magnifico aromatizzante largamente usato per pani e dolci da forno, bevande, liquori, gelati. A Chios la si utilizza nell’Ipovrichion, un dessert composto da sciroppo di acqua e zucchero, albume montato, limone e mastica; entra nella ricetta del Kaimaki, una sorta di gelato a cui la mastica conferisce, oltre al tipico aroma, una consistenza vagamente gommosa, e in alcuni dolci pasquali greci. Ma anche in molti “dolci al cucchiaio”, quelle particolari conserve di frutta, intera o a pezzi, in uno sciroppo spesso, dolcissime e spesso servite con yogurt in tutta la Grecia, o in piatti salati come il Saliq arabo, a base di agnello e riso, tipico dei banchetti nuziali, e in alcuni formaggi prodotti in Libano e Siria. Talvolta ci si profuma l’ouzo e, nel Medio Oriente, il popolarissimo Arak, sorta di acquavite forte e aromatica.

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Fonte: www.botanical.com

Prodotta unicamente in 24 villaggi del sud di Chios, detti collettivamente Mastichoria, da circa due milioni di piante di Pistacia lentiscus var. Chia, la sua raccolta e lavorazione avvengono esclusivamente con metodi manuali in contesti familiari.
Il lentisco di Chios ha poche pretese. Cresce in terreni aridi, poveri, rocciosi e teme solo il gelo perché ha radici molto superficiali. Comincia a produrre resina all’età di 5-6 anni, e solo intorno ai 15 raggiunge una produzione significativa, mediamente di 150-180 grammi di mastica all’anno.
In inverno, il terreno intorno alle piante viene leggermente arato per ripulirlo da erbacce e piante spontanee, quindi cosparso di polvere di carbonato di calcio creando uno strato compatto su cui sarà fatta colare la resina per permetterle di asciugare e solidificare e poterla quindi raccogliere senza che la sua composizione sia alterata dalle impurità del terreno.

Fonte: Charte digitale des métiers traditionnels dans le Nord Egée au 19ème – 20ème siècle

Fonte: Charte digitale des métiers traditionnels dans le Nord Egée au 19ème – 20ème siècle

In estate, a luglio, inizia il processo di incisione della corteccia, detto kentos. Con un attrezzo chiamato kentitiri si praticano incisioni lunghe 10-15 cm, fino a 100 per pianta nell’arco di 6-8 settimane; da esse la resina gocciola cadendo sul terreno, e là viene lasciata seccare per 15-30 giorni per poi raccoglierla. La raccolta deve avvenire nelle prime ore del mattino, perché il caldo estivo nel corso della giornata ammorbidirebbe la mastica. Le gocce rapprese, sotto forma di grani, vengono conservate in luogo fresco e asciutto fino all’autunno, quando ha inizio la pulitura che può durare per tutto l’inverno. La mastica viene lavata e quindi i pezzi vengono raschiati e ripuliti uno per uno con coltellini appuntiti. Il prodotto finale sono dei grani di diversa pezzatura di colore avorio (che tende al giallino col passare del tempo) dal gusto leggermente dolce e dall’intenso aroma, che hanno un prezzo decisamente elevato tanto per la rarità quanto per il lavoro certosino che la raccolta e la pulizia comportano.

Se riuscite a procurarvi della mastica, magari nel corso di un viaggio, e avete bisogno di macinarla per usarla in cucina, per evitare che si incolli riscaldandosi nel mortaio o con le lame del mixer, prima di macinarla tenetela per una ventina di minuti nel freezer.
Ma masticatene un po’ in forma bruta: vi darà un alito celestiale e terrà in salute anche le vostre gengive. Non ve l’ho detto? E’ largamente usata in odontoiatria e anche in cosmetica. Una resina, mille virtù.

            

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Giovanna Esposito

1 Commento Aggiungi un commento

  • Carissima devo dire che tutto quello da te pubblicato mi ha riportato alla bellezza dell’isola, ai suoi profumi, alle sue spiagge e alla sua proverbiale ospitalità oltre che alla sua cucina. Pochi conoscono questa isola e posso testimoniarti che è unica, ancora poco turistica per cui ancora vera. Lo dico con il cuore io che l’ anno scorso l’ho raggiunta con la mia famiglia e per me è parte di me perché rappresenta le mie radici conosciute solo per circa 110/120 anni. Infatti il mio cognome è il nome di questa terra con una sua storia drammatica e poco conosciuta. Super consigliata

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