Il syllabub, spuma d’epoca

È uno dei più antichi dessert inglesi, un po’ dimenticato in favore di creme e spume più moderne e accattivanti, che si è evoluto nel corso del tempo e cela qualche mistero irrisolto.

Il syllabub ha fatto discutere prima di tutto per l’etimologia del nome, mai appurata con certezza, ed è stato di recente oggetto di uno studio appassionato e completo, con tanto di esperimenti pratici per verificare l’attendibilità di certe antiche ricette o la funzionalità di antichi strumenti per realizzarle, da parte dello storico della gastronomia Ivan Day.
Ma cos’è il syllabub? Nella versione attuale, nient’altro che una crema montata a base di vino dolce, spezie, spesso succo di limone, zucchero e panna. Ha una consistenza soffice ma sostenuta, e viene preparato ormai in tante varianti caratterizzate dall’uso di diversi elementi alcolici e spezie più o meno inconsuete.
Questo syllabub è però soltanto l’evoluzione di un dessert più da bere che da mangiare, in quanto il syllabub originario, risalente probabilmente al ‘500, era composto da due parti, vino e spuma, ben separate. La spuma veniva ottenuta sbattendo una mistura di vino e panna; man mano che sulla superficie, sbattendo, si formava schiuma, questa veniva rimossa e messa in un setaccio in cui veniva lasciata filtrare per molte ore. Passando attraverso il setaccio la spuma diventava leggerissima, molto aerata, eterea e veniva poi deposta sul vino dolce, a sormontarlo. I bicchieri da syllabub avevano infatti un’inusuale forma a calice che si svasava a coppa in cima.
In seguito la parte alcolica si è ridotta considerevolmente durante il ‘700, e il syllabub si è avvicinato a ciò che oggi conosciamo, una spuma ottenuta montando insieme vino e panna ad una consistenza soda, tanto da meritarsi il nome di everlasting syllabub.
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Misteri, dicevamo: le ricette più antiche suggeriscono di realizzare il syllabub “direct from the cow”, vale a dire (almeno così si crede) mungendo direttamente una mucca nel bicchiere con il vino. Ivan Day si è preso persino il disturbo di sperimentare la funzionalità del metodo, trovandolo inefficace per una serie di ragioni, non ultime quelle igieniche; in alternativa pare che il latte munto andasse versato da una posizione molto elevata rispetto al bicchiere nel bicchiere stesso, in modo che schiumasse. Molti strumenti furono usati nel corso dei secoli per facilitare e ottimizzare la preparazione del syllabub, dalla “wooden cow”, sorta di siringa per iniettare aria nella mistura facendola schiumare, al “syllabub pumping engine”, una sorta di scatola metallica bucherellata applicata alla punta di un mantice. Day ha riprodotto finanche questo aggeggio, constatando che funziona perfettamente.
Noi, nel nostro piccolo, senza mucca, senza siringa e senza mantice, prepariamo un syllabub in versione corrotta come usa ai giorni nostri.
Poiché la ricetta inglese richiede la double cream che, oltre ad avere una percentuale superiore di grassi, è più consistente della nostra panna fresca, ho sostituito parte della panna con mascarpone.

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Syllabub

60 ml di vino dolce (Passito, Marsala, Porto o quel che preferite)
il succo di un limone
2-3 cucchiai di zucchero, secondo il gusto
buccia di un’arancia e di un limone
uno spruzzo di Cointreau
200 ml di panna
100 g di mascarpone
Mescolare il vino con lo zucchero, il succo di limone e il Cointreau; aggiungere la buccia degli agrumi e far riposare per una notte.
Il giorno dopo, filtrare il vino e unirvi la panna e il mascarpone accuratamente mescolati tra di loro, montando con fruste elettriche a velocità bassa e facendo ben attenzione a tenere le fruste vicine al fondo del recipiente. Continuare a montare fino a ottenere la consistenza desiderata.
Il syllabub resterà montato a lungo, anche per giorni. Non per nulla è everlasting…

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Giovanna Esposito

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