La cucina malese (2)

Foto di Rosie Gohres - www.flavoursofsingapore.nl

La cucina malese, abbastanza sconosciuta nel mondo occidentale come la maggior parte delle cucine del sud est asiatico, è il risultato delle tante popolazioni e tradizioni che nel corso dei secoli hanno apportato il loro contributo di spezie e tecniche di cottura.

I cinesi, che soprattutto tra il XV e il XVII secolo emigrarono da Canton (l’odierna Guandong, Guangzhou, a nord di Hong Kong e Macao) in Malesia e Indonesia, svilupparono una propria cucina che assunse il nome malese della loro comunità: nyonya. È il risultato della fusione di ingredienti cinesi con spezie e tecniche di cottura proprie della comunità malese e indonesiana. L’interpretazione nyonya dei piatti malesi e indonesiani è più aromatica, speziata, con più erbe fresche e quel tocco distintivo un po’ aspro dato dall’uso del tamarindo.

Malesia 2 - Piantina

Tornando alla fiera della cucina malese, di cui avevo già parlato qui, era presente il piatto nazionale: il nasi lemak. Si tratta di riso (nasi) che prima si mette a bagno nel latte di cocco e poi si cuoce al vapore con foglie di pandan che gli danno un bel profumo. Si mangia normalmente a colazione con dei cetrioli e mezzo uovo sodo.
Il piattino che potete vedere in foto conteneva nasi lemak con un ottimo sambal (salsa di spezie e peperoncino, in basso a destra), e rendang ayam (pollo stufato con molte spezie – se il rendang è di manzo, allora si chiama rendang daging). Un complemento indispensabile del nasi lemak sono gli ikan bilis, dei pesciolini minuscoli fritti e poi seccati che vengono solitamente mischiati ad arachidi e cocco grattugiato e tostato oppure ad altro pesce essiccato, come in questo caso.

Malesia 2 - Nasi lemak

Foto di Rosie Gohres

Malesia 2 - Nasi lemak Mosaico Ingredienti

Da sinistra a destra: rendang ayam (pollo speziato), sambal (salsa piccante) e ikan bilis (pescetti fritti e seccati)

Ecco le signore che hanno cucinato questa delizia:

Malesia 2 - Nasi lemak ladies

Al loro fianco, un’altra signora proponeva due versioni del rendang: rendang daging (quella più scura) e rendang kambing, a base di capra, quella con le patate. Veniva servita con un’insalatina di cipolla rossa, mango, cetrioli, carote e diverse erbe fresche e delle verdure agrodolci e piccantine dette acar (pronuncia aciar): con la loro fresca acidità servono a ripulire la bocca e  le papille dall’intensità delle spezie e dalla grassezza della carne.

Malesia 2 - Rendang Mosaico

Le colorate tartarughine che vedete qui sotto sono dei dolcini chiamati angku kuih, ovvero “tortine a forma di tartaruga rossa”. Si tratta di un involucro di farina di riso glutinoso colorato che viene pressato in una formina a guscio di tartaruga con un ripieno di fagioli mungo o arachidi, e poi cotto a vapore su una foglia di banano. Tradizionale anche in Cina, viene donato come auspicio per una vita lunga. È poco zuccherino, come tutti i dolci orientali, ma ugualmente buonissimo.

Malesia 2 - Angku kuih

Il nyonya zhang è un goloso pacchettino di riso glutinoso e carne speziata avvolto nella foglia di banano e poi cotto al vapore. La sua particolarità è quella di avere una punta blu, colorata con l’estratto del fiore di un particolare tipo di fava.

Malesia 2 - Nyonya ZhangSempre avvolto nella magica foglia di banano è l’otah otah (anche detto otak-otak): una pasta di pesce, amido di tapioca e aromi come aglio, scalogno, curcuma e lemon grass a condimento di un filetto solitamente di sgombro (qui era di merluzzo, e la mia guida Rosie ha storto il naso). Il pacchettino di solito si vende chiuso, ma in questo caso si presentava aperto per farne vedere il contenuto al pubblico. Riscaldato sul barbecue, era molto buono, anche se ho avuto l’impressione che la pasta di spezie fosse ancora un po’ cruda (di solito la si soffrigge in padella perché sprigioni tutti i suoi aromi).

Malesia 2 - Otah otah

Il kuih dadar è un delizioso rotolino formato da una crêpe fatta con latte di cocco e l’estratto delle foglie di pandan, che sono belle verdi. Il ripieno è a base di zucchero di palma e cocco. Dolce ma non troppo.

Malesia 2 - Kuih dadar

E cosa ho comprato da portare a casa?
Due di questi sacchettini: il primo a sinistra si chiama kuih rose ed è realizzato con lo stesso impasto croccante del pie tee di cui ho parlato qui e ha la forma di un fiore (il ferro con cui lo fanno è simile a quello con cui si fanno i baci panteschi, ma questi non sono ripieni e sono delicatamente dolci). L’altro sacchettino invece ha un contenuto salato: una specie di spaghettini ruvidi estratti da una pressa, fritti e poi conditi con sale e foglie di curry fresche (si chiamano murukku e sono di origine indiana).

Malesia 2 - Kuih rose

Non potendo comprare tutto, ho abbandonato a malincuore al loro destino dei biscottini rossi, che un pupetto dagli occhi neri bellissimi si stava gustando con gran piacere.
Ma ho portato a casa una confezione di questi: kek lapis (in Indonesia si chiamano spekkoek) con la nutella, lapis pertemuan (quelli arcobaleno) e lapis masam manis (quelli gialli e verdi). Si tratta di una sorta di cake (kek) molto, ma proprio molto poco dolce e fatto a strati.

Malesia 2 - Kek Lapis

E il pubblico? Entusiasta e… pronto all’attacco!

Malesia 2 - PubblicoCucchiaio

Per un bel reportage culinario dalla Malesia, vi rimando a questo, della mia amica Federica Ghelarducci.
Intanto vi lascio una ricetta per immergervi nell’atmosfera del sud est asiatico.

Spekkoek altrimenti detto lapis

Malesia 2 - Spekkoek

Le cucine orientali, in genere, non sono famose per i loro dolci, ma questo, che pare sia nato in Indonesia, per influsso dei colonizzatori olandesi, è celebre in tutta l’area.
In olandese si chiama spekkoek (pronuncia spekkuk – che in indonesiano è diventato spekuk o spiku), dove lo spek è la pancetta tesa di maiale, e il koek (pronuncia cuk) è il biscotto. Dall’aspetto si capisce l’origine di questo buffo nome. In malese e indonesiano si chiama kuih/kue lapis legit (kuih o kue significano torta, dolce), ed è formato da tantissimi strati di impasto (almeno 18!) di due e a volte più colori alternati. Una pasticciera di Singapore, Aunty Yochana, fa cose meravigliose con questa tecnica: guardate per esempio qui e poi sbizzarritevi a piacere.

Spekkoek di Marina (Lapis legit)

Ingredienti

250 g di burro a temperatura ambiente
200 g di zucchero bianco fine (non a velo, ma neanche a cristalli grossi)
7 uova medie
75 g di farina
25 g di maïzena
1 cucchiaino di sale
3 cucchiaini di cannella in polvere
4 cucchiaini di semini di anice
1 noce moscata grossa quanto un uovo di quaglia
3 cucchiaini di chiodi di garofano
3 cucchiaini di baccelli di cardamomo
½ cucchiaino di polvere di vaniglia
50 g di burro

Preparazione

Grattugiate la noce moscata.
Aprite i baccelli di cardamomo, schiacciandoli con un cucchiaino, ed estraetene i semini.
Macinate finemente i semi d’anice con quelli di cardamomo e i chiodi di garofano.
Unite in una ciotolina tutte le spezie e mischiatele per bene.
Questo lavoretto può prendere parecchio tempo e si può benissimo fare anche giorni prima e conservare le spezie in un barattolo ben chiuso.
Rivestite il fondo di una teglia apribile del diametro di 20 cm con carta da forno e imburratela per bene.
Riscaldate il forno a 175° C.
Dividete le uova.
Montate a neve gli albumi con un po’ di zucchero (preso dai 200 g che avrete pesato e messo in una ciotolina a portata di mano) e un pizzico di sale, fin quando sono belli gonfi e fermi.
Montate il burro con il resto dello zucchero fin quando diventa bianco e gonfio (almeno 10 minuti con il mixer).
Incorporate uno alla volta i tuorli al burro.
Mescolate la farina, la maizena e il sale e fatela scendere da un setaccino sulla massa di tuorli e burro. Incorporatela delicatamente con una spatola in modo da non far sgonfiare il composto.
Aggiungete ed incorporate gli albumi a neve. A seconda della temperatura del burro otterrete una consistenza più o meno liquida, se tutto va bene dovrebbe essere come quella della crema per il tiramisù prima di aggiungerci gli albumi a neve.
Dividete a metà (più o meno) il composto in due ciotole.
Aggiungete le spezie ad una delle due metà (preferibilmente a quella di quantità inferiore, altrimenti non si distingueranno bene gli strati chiari).
Disponete sul fondo della teglia uno strato di composto bianco sottile come una crêpe.
Infornate con la griglia del forno messa al livello più basso, più vicino alla base del forno.
Fate cuocere per circa 10 minuti.
Nel frattempo fate sciogliere i 50 g di burro.
Estraete la teglia dal forno, accendete il grill e spostate la griglia del forno ad un livello più alto, in modo che la teglia rimanga poi a circa dieci cm dagli elementi del grill.
Spennellate delicatamente la superficie del primo strato con poco burro sciolto. Sovrapponetevi uno strato di composto scuro, anch’esso sottile come una crêpe. Noterete che il composto si scioglierà, diventando piuttosto liquido a causa del calore dello strato sottostante: questo faciliterà l’operazione; ruotate la teglia in modo che il composto scuro ricopra completamente lo strato bianco.
Infornate e restate a guardare! Ogni grill ha una potenza diversa e dovrete calcolare bene i tempi di cottura, per evitare che si bruci tutto. Con il mio grill ogni strato ha avuto bisogno di circa 3-4 minuti. Estraete la teglia dal forno non appena si forma una crosticina leggermente dorata.
Spennellate di burro fuso. Fate uno strato di composto bianco. Infornate.
Procedete così finché non avrete esaurito il contenuto delle due ciotole.
Fate raffreddare lo spekkoek nella teglia e poi sformatelo e ponetelo su una gratella.
Lo spekkoek dovrebbe riposare per almeno un giorno prima di essere tagliato, in modo da sviluppare tutti gli aromi delle spezie.
Si conserva benissimo coperto con la pellicola trasparente, tagliato a spicchi sottili, oppure a porzioni in freezer.

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Marina Vizzinisi

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