La mirabolante storia del Baumkuchen giapponese

Se vi dovesse capitare di andare in Giappone, nel caso in cui foste dei golosi osservatori una cosa molto probabilmente vi balzerà agli occhi: la diffusione capillare del Baumkuchen, un dolce dal nome e dalle fattezze non propriamente nipponiche.
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Vi capiterà di vedere sotto la metropolitana di Tokyo vetrine in cui campeggia uno strano cilindro rotante su cui cola un impasto burroso; entrando da Muji (si in Giappone Muji vende anche cibo) o in qualunque supermercato o negozio di alimentari, nello scaffale degli snack e dei biscotti vi imbatterete in tranci confezionati di un dolce soffice,  rotondo, formato da cerchi concentrici, che ricorda molto un tronco d’albero in sezione: il Baumkuchen per l’appunto (Baum in tedesco significa albero). E prestando attenzione vi accorgerete che non avrete che l’imbarazzo della scelta in fatto di gusti, dalla classica vaniglia al tè matcha, alla fragola, alla copertura al cioccolato.

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Gente strana questi Giapponesi, che hanno fatto proprio un dolce che ha decisamente origini nordeuropee.
Che sia nato a  Salzwedel in Germania, come ci tengono a sbandierare i suoi abitanti, o derivi dall’ungherese kürtőskalács, il trdelnik tanto diffuso oggi a Praga, ad esportare il Baumkuchen in Giappone agli inizi dello scorso secolo fu un pasticciere tedesco dalla vita molto travagliata di nome Karl Juchheim, perciò l’amore tra i nipponici ed il dolce europeo dura da un centinaio di anni.
Karl, originario di Kaub am Rhein, aveva un laboratorio di pasticceria in Cina a Tsingtao, all’epoca sotto il controllo tedesco, quando fu fatto prigioniero dai giapponesi durante la Prima Guerra Mondiale e spedito insieme a molti suoi connazionali a Hiroshima. In occasione di una mostra di prodotti realizzati dai prigionieri del campo di internamento, Karl decise di realizzare, con l’aiuto di uno spiedo ruotato a mano, il re dei dolci tedeschi, il Baumkuchen. Il dolce riscosse grande successo, tanto che, nel 1920, appena liberato, Karl decise di trattenersi e di aprire una pasticceria a Yokohama sui cui scaffali campeggiava quello che inizialmente chiamò Pyramid Cake, oltre a plum cake, torte di mele e svariati dolci nordeuropei.
Quando finalmente tutto sembrava andare per il meglio, nel 1923 un violento terremoto  ridusse in macerie il locale e Karl fu costretto a fuggire insieme alla sua famiglia con una barca ed un biglietto da 5 yen in tasca. Fu così che sbarcò a Kobe dove si fece prestare i soldi per costruire a Sannomiya lo  “Juchheim’s”, un grande laboratorio tutto suo. Il successo fu tale che il Baumkuchen fu offerto durante la parata navale in onore dell’ascesa al trono dell’Imperatore Hirohito.
La Seconda Guerra Mondiale, però, portò altre disgrazie: Karl si ritrovò a corto di lavoranti perché partiti per il fronte, morì poco dopo lo scoppio delle bombe atomiche e sua moglie Else fu rispedita in Germania.
Tutto sembrava essere irrimediabilmente compromesso, eppure, come una fenice, lo Juchheim’s riuscì a rinascere  dalle sue stesse ceneri: di ritorno dalla guerra alcuni ex dipendenti  rimisero insieme i pezzi, ripresero l’attività a Kobe e richiamarono la signora Else dalla Germania, dando un lieto fine ad una storia così travagliata.
Oggi Juchheim vanta 351 punti vendita nel solo Giappone ed il Baumkuchen è forse il dolce più amato dai Giapponesi.

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Lydia Capasso

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