La mpignulata e le altre regine delle tavole di Sicilia

Da sempre l’impasto del pane si è prestato alla realizzazione di cibi saporitissimi nella tradizione gastronomica popolare siciliana. È noto che la Sicilia fosse il granaio d’Italia sin dai tempi dell’antica Roma e che il frumento prodotto sull’isola sia sempre stato di qualità eccellente. Il pane, prodotto principe delle diete del popolo, ha garantito nei secoli, anche ai più umili, un nutrimento sostanzioso, gustoso e versatile dando vita a pietanze semplici ma prelibate.
In moltissime zone della Sicilia, in qualsiasi famiglia si tramanda, ad esempio, la tradizione della mpignulata, alias impanata, detta ammiscata (siciliano per mischiata) nell’agrigentino oppure scaccia, schiacciata nel ragusano. La denominazione di impanata è in uso anche nel siracusano e potrebbe denunciare la sua derivazione dall’empanada spagnola (vedasi per il nome anche le panadas sarde).

Non si sa di preciso quando venne inventata la mpignulata. Probabilmente fu il risultato della creatività di qualche massaia siciliana quando in casa si soleva fare il pane e rimaneva qualche pezzo di impasto dopo aver formato le pagnotte. A quel punto, si decideva di farcire la pasta con quanto si trovasse tra le provviste domestiche: verdure soffritte, cipolla, formaggio, olive.
Sin dall’epoca romana in Sicilia si ha notizia di un “panis adipatus”, in cui il pane veniva condito con pezzi di lardo e pancetta prima di essere cotto. Pare, comunque, che le varie ricette da cui derivano quelle attuali, tramandate soprattutto in ambito familiare, nacquero alla fine del XVII secolo sulle tavole contadine. Le farciture più comuni erano a base di verdure e carne, che potevano anche essere gli avanzi di un pasto abbondante. La presenza di questa preparazione divenne sempre più ricorrente agli inizi del XVIII secolo e divenne un piatto accettato da tutti i ceti sociali quando lo stesso Luigi Guglielmo Moncada, principe di Paternò, nel 1763, lo volle sulla sua tavola durante i festeggiamenti natalizi. Da allora la tradizione lo colloca come piatto natalizio, con ricette tramandate da generazione in generazione.

mpignulata_mosaico

Tra le varianti più interessanti e gustose vi sono quelle in uso a Licata, città marinara della costa meridionale della Sicilia in provincia di Agrigento. Qui la mpignulata viene preparata con pasta di pane lievitata e spianata con olio d’oliva, ripiegata su se stessa e stesa più volte. La lavorazione con l’olio conferisce alla pasta quasi la friabilità e la croccantezza di una pasta sfoglia. I condimenti peculiari sono tocchetti di patate soffritte in salsa di pomodoro con cipolla, pezzettini sottili di cavolfiore crudo, formaggio primo sale, pezzettini di mortadella e salsiccia e per concludere una manciata di cacio cavallo grattugiato. La forma, generalmente, è quella di un calzone che, però, viene chiuso in maniera imprecisa. Condimento alternativo possono essere spinaci lessati e soffritti con aglio, salsiccia, caciocavallo e olive nere, come nella vicina Agrigento, dove l’ammiscata viene farcita con salsiccia, caciocavallo e olive. Nel ragusano si trova la saporitissima e delicata scaccia con ripieno di ricotta, salsiccia di maiale e cipollotto a rondelle. Nel siracusano nella farcitura si usano gli anciti, una specie di bietole selvatiche.

mpignulata_1

Dal Settecento a oggi la mpignulata e le sue varianti sono sempre presenti nei ricchissimi buffet delle cene della vigilia di Natale e ogni massaia le condisce con un tocco personale. La si mangia spesso come rustico nelle cene con gli amici oppure a San Martino, accompagnata da vino novello. Ad oggi, la scaccia, impanata o mpignulata che dir si voglia presenta una vasta diffusione nel territorio siciliano ed un’ampia commercializzazione di tipo unicamente artigianale. In qualsiasi centro dell’isola è possibile trovarla nei banconi dei panifici in tutti i periodi dell’anno e proprio per la sua derivazione popolare, non standardizzata, ognuna possiede la propria originalità.

L'autore Vedi tutti gli articoli

Cettina Callea

3 Commenti Aggiungi un commento

    • Gentile signor Sandro,
      Si tratta di un semplice impasto per il pane con semola di grano duro. Come spiegato nell’articolo e come si vede anche nelle foto, si tratta di sfogliare l’impasto con l’olio. L’impasto è di semola di grano duro e si può usare o il lievito di birra oppure il lievito madre (come da tradizione). Le dosi indicative per il lievito di birra sono: 500 gr di semola con 300 gr di acqua su 10 gr di lievito di birra fresco. Con 150 gr di lievito madre e 400 gr di semola si usano circa 250 gr di acqua (ma ovviamente dipende da quanta ne prende la farina). Sale circa 10 gr. Una volta finita la prima lievitazione, si sgonfia l’impasto, si stende delicatamente sul piano oliato e si spalma abbondantemente di olio prima di ripiegarlo “a 3” come si fa con la pasta sfoglia. L’operazione si può ripetere ad intervalli di mezz’ora per un paio di volte, per avere una pasta ben friabile e croccante.
      Cordialità e buon lavoro,
      Marina Vizzinisi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati da *