L’ABC dell’olio

L’Italia è terra di ulivi. Se ne contano centinaia di cultivar, pare oltre 500, mentre in paesi come la Spagna le varietà sarebbero poche decine. L’olio che se ne ricava è sulle nostre tavole ogni giorno, crudo o cotto, eppure è anche uno dei prodotti che conosciamo di meno e acquistiamo con minor attenzione.

Sugli scaffali sono disponibili centinaia di marchi, e si tratta per la maggior parte di oli extravergini.
Ma cosa significa extravergine?
L’attributo “vergine” per l’olio sta ad indicare che il processo estrattivo è effettuato esclusivamente con metodi fisici e meccanici, senza l’utilizzo di solventi che caratterizza ad esempio l’estrazione di molti oli di semi e senza miscelazione con oli di altra natura.
L’olio d’oliva è extravergine quando, oltre ad essere stato estratto meccanicamente, ha un’acidità inferiore allo 0,8 % (ma in realtà gli oli di buona qualità hanno un’acidità molto inferiore). Con un’acidità fino al 2% l’olio è vergine, non extravergine. Se poi l’acidità supera il 2%, l’olio, definito “lampante” non può essere commercializzato, ma viene destinato alla raffinazione; viene deacidificato com procedimenti chimici e diventa olio di oliva “raffinato“.
L’olio di oliva, senza altri attributi, è invece una miscela di oli raffinati e di olio vergine in percentuale indeterminata, e deve avere un’acidità inferiore all’1,5%.

Perché un olio possa essere classificato come extravergine, tuttavia, occorre anche che corrisponda a determinati parametri organolettici; ma ciascuna azienda può etichettare il proprio olio come extravergine senza dover sottoporre a verifica le sue proprietà organolettiche, a meno che non si tratti di un olio DOP: in questo caso ha l’obbligo di sottoporlo a un panel di degustazione effettuato da esperti degustatori secondo una procedura codificata dal COI (Consiglio Oleicolo Internazionale).
In primo luogo, in un extravergine l’odore dell’oliva dovrebbe essere ben percepibile: è ciò che fa sì che si parli di olio “fruttato“, un olio, cioè, in cui si avverte il profumo del frutto/oliva in maniera ben definita; l’olio dovrebbe poi essere esente da una serie di difetti che ne rivelano errori nella raccolta, nella spremitura, nella conservazione (rancido, muffa, morchia eccetera).
Il colore di un olio di oliva extravergine italiano può andare dal giallo al verde, con infinte sfumature intermedie. Contrariamente a quanto molti credono, un olio più verde non è necessariamente migliore o più genuino: la colorazione è data dal grado di maturazione delle olive al momento della raccolta e dalla loro varietà. Un olio più verde ha una maggiore presenza di clorofilla, di solito dovuta a olive meno mature; più giallo vede invece la prevalenza dei caroteni. Se il colore tende all’aranciato-rossastro, è probabile che l’olio sia ossidato. Quale che ne sia il colore, l’olio di oliva extravergine deve averne uno: se l’olio appare incolore o trasparente meglio desistere dall’acquisto.

All’assaggio, l’olio può tendere al dolce (non dovuto alla presenza di zuccheri, che sono assenti) oppure all’amaro-piccante. Il gusto amaro-piccante è tanto più pronunciato quanto maggiore è la presenza di polifenoli, antiossidanti naturali presenti nelle piante che contrastano i radicali liberi e sono utili a prevenire le malattie cardiovascolari e i tumori. I polifenoli proteggono anche l’olio stesso dall’ossidazione. La percentuale di polifenoli nelle olive diminuisce però con l’avanzare della maturazione.
Sulle proprietà benefiche dell’olio extravergine d’oliva, dovute all’alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi, agli steroli, alla vitamina E, si è detto particamente tutto. Ma è importante ricordare che l’extravergine è utile anche a contrastare, in cottura, la degradazione delle proteine che provoca lo svilupparsi di sostanze cancerogene, ad esempio nella carne grigliata, e che è consigliabile usarlo per le fritture. Perché è un grasso stabile e resistente alle alte temperature, perché gli antiossidanti che contiene lo proteggono dalle alterazioni dovute al calore, e perché solo dopo ripetute fritture rivela la presenza di acroleina, una sostanza tossica che si sviluppa nei fritti, mentre in altri grassi, anche in quelli più resistenti al calore, come l’olio di arachidi, la formazione di acroleina è presente fin dalla prima frittura. Dunque è possibile (anche se mai raccomandato) riutilizzare l’olio extravergine di oliva già usato per friggere, purché si abbia l’accortezza di filtrarlo, eventualmente miscelandolo con olio nuovo, mentre è assolutamente da evitare il riutilizzo di qualsiasi altro grasso dopo una prima frittura.
La frittura con olio di oliva extravergine non risulterà né sgradevole né pesante se si seguono alcuni accorgimenti (peraltro validi sempre): friggere in pentole dal fondo spesso, meglio se di acciaio, piuttosto che in padella, con olio abbondante, introducendo gli alimenti solo quando l’olio sia caldo al punto giusto, cuocendo pochi pezzi per volta (altrimenti si abbasserà la temperatura del grasso e i cibi tenderanno ad impregnarsene) e mai troppo freddi. Il fritto sarà croccante, asciutto e leggero. E’ bene sapere che friggere in poco grasso fa sì che gli alimenti non si sigillino in superficie e quindi ne assorbano di più.
Infine, perché l’olio conservi tutte le sue splendide proprietà è fondamentale che sia ben conservato, in contenitori di acciaio inossidabile o di vetro scuro, mai esposto al calore o alla luce diretta, il meno possibile a contatto con l’aria. E’ preferibile consumarlo entro un anno dalla produzione, anche se, in condizioni adeguate, può mantenersi inalterato più a lungo.

Ma attenzione all’acquisto. L’olio di oliva extravergine non è un prodotto per il quale badare al risparmio.
Molti degli oli in vendita nella grande distribuzione sono costituiti da miscele di oli comunitari e hanno prezzi di poco superiori al costo della bottiglia e del tappo, prezzi che, da soli, fanno intuire come la qualità del prodotto sia scadente. Riconoscere un buon olio extravergine dal profumo e dal gusto può richiedere un minimo di allenamento, ma il costo troppo basso dell’olio può essere un primo criterio di esclusione. Trovate il vostro olio (o i vostri oli) con l’esperienza: l’Italia è piena di produttori seri, anche se a volte bisogna andarli a cercare fuori dai supermercati.

      

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Giovanna Esposito

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