Le attuali torte mitteleuropee ottocentesche a Gorizia e Trieste

La seconda metà del Settecento ha visto l’apertura a Gorizia e a Trieste delle prime botteghe da caffè, esercizi gestiti generalmente da persone foreste, ungheresi, ceche o svizzere dei Grigioni, che assimilarono nel tempo l’inconfondibile impronta viennese sia negli arredi che nei servizi offerti. Questi luoghi di ritrovo si adeguavano al succedersi delle stagioni e, se d’inverno erano affollatissime le sale interne caratterizzate da un arredo ottocentesco prima e liberty poi, d’estate offrivano e servizio all’aperto su tavolini eleganti.

Si trattava di bar ante litteram che, nel riproporre localmente il gusto e la ricercatezza della pasticceria viennese, hanno avuto il ruolo di diffondere in tempo reale varie torte di innovazione che, durante l’Ottocento, hanno avuto il loro massimo splendore nella moda del tempo nelle capitali dell’impero Asburgico.
E da allora in avanti troviamo nelle pasticcerie di Gorizia e Trieste, ma soprattutto nelle produzioni casalinghe, dolci del tutto sconosciuti a pochi chilometri di distanza ma che ancora riflettono il carattere cosmopolita della Venezia Giulia.
Siamo di fronte a fenomeni di interferenza ‘gastronomica’ dovuti a fatti di moda e di prestigio che hanno portato ad adottare abitudini culinarie allogene e a diffondere nelle famiglie la Sachertorte, la Dobos e la Rigojancsi.
Cercheremo quindi di capire cosa accadde nella pasticceria nella seconda metà dell’Ottocento in Europa e come questa si evolse nel tempo al fine di individuare le motivazioni della adozione di modelli e di soluzioni dolciarie provenienti da altre zone.

Nell’Ottocento assistiamo al fiorire in Europa di ricettari a stampa. Questi ricettari hanno introdotto la cultura del cibo e dei prodotti e hanno favorito l’unificazione e la “standardizzazione” delle varie cucine, diventando quindi pietre miliari delle gastronomie nazionali. Si tratta di un fenomeno che ha avuto riflessi non solo sull’omologazione del gusto ma anche sui processi di unificazione linguistica, in particolare nell’Italia della fine dell’Ottocento.
Parlando di ricettari “nazionali” mi riferisco, ad esempio, in Francia al Le Livre de Cuisine di Joules Gouffè [1] (vedasi note esplicative e di approfondimento alla fine del documento), che dovrebbe essere uno dei primi testi di ricette che riportano dettagliate indicazioni sul peso degli ingredienti e sull’esecuzione (prima di allora veniva riportato solo l’elenco degli ingredienti).

In Italia Pellegrino Artusi realizza l’opera intitolata La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, di mentre in Slovenia nel 1868 appare il testo Slovenska kuharica di Magdalena Pleiwes [2] che riflette bene anche la gastronomia e la pasticceria della Venezia Giulia.
Il testo di riferimento più importante per l’area gastronomica della Mitteleuropa è il Manuale di Cucina di Caterina Prato. La Prato, pseudonimo di Katharina Polt, sposata in prime nozze Pratobivera, ha avuto modo di conoscere e sperimentare, seguendo il marito, le cucine delle varie regioni dell’impero asburgico e nel 1858 ha pubblicato la prima edizione in tedesco del suo manuale [3]. Dopo varie edizioni in lingua tedesca, nel 1892 esce la versione italiana del manuale [4] dove troviamo, nell’ambito dell’Impero, i primi riferimenti alla pasticceria giuliana.

In parallelo alla pubblicazione di ricettari, la seconda metà dell’Ottocento si caratterizza in Europa per il fenomeno della nascita di numerose torte da pasticceria, molte delle quali chiamate con il nome del loro inventore. Come vedremo, Gorizia e Trieste adottarono subito queste squisitezze e da allora la tradizione delle torte è ancora viva negli usi familiari e nelle pasticcerie della città.
Partiamo quindi per questo viaggio immaginario nel mondo delle torte che, con l’eccezione dell’esempio francese che riporto subito, sono torte “da credenza”, in quanto dovevano durare a temperatura ambiente alcuni giorni ed erano, in genere, farcite con creme a base di burro  [5].

In questo periodo in Francia abbiamo la torta Saint Honoré, con uno strato di pasta, parte centrale in crema e bignè caramellati sopra: prende il nome dal patrono dei pasticceri francesi, Onorato di Amiens o Saint Honoré, ed è nata in Francia nel 1846 dall’abilità del pasticcere Chibust. Chibust ha dato il suo nome non alla torta ma alla farcitura, la famosa crema chiboust a base di crema pasticcera alleggerita da meringa. La torta è da sempre presente nelle pasticcerie locali, anche se non ho trovato un preciso riferimento temporale di adozione [6].
In Inghilterra nello stesso periodo nascono la Victoria Sponge cake e la Battemberg cake, ancora sostanzialmente sconosciute agli italiani.
In Italia abbiamo veramente pochi esempi di torte che abbiano avuto successo al di là del ristretto ambito locale. Potrei citare la Torta Paradiso Vigoni di Pavia del 1878, tuttora apprezzata e ricercata, la cui ricetta originale è gelosamente protetta dalla famiglia Vigoni, la Torta 900 di Ivrea o la Tortionata di Lodi, una specie di sbrisolona.

Ma la maggior parte delle torte di successo internazionale di questo periodo nasce prevalentemente in ambito mitteleuropeo. La prima ad apparire è la Sachertorte, inventata a Vienna nel periodo della Restaurazione attorno al 1832 ad opera di Franz Sacher, pasticcere nelle cucine del principe Klemens di Mitternich-Winneburg, ministro degli esteri austriaco. Suscita curiosità l’uso del termine Torte, che in tedesco indica una crostata, per definire questo dolce al cioccolato [7]. Per anni Vienna è stata divisa da una disputa legale sui diritti a usare il nome Sacher per il dolce e a vantarne l’originalità. Da un lato si trova infatti la torta dell’Hotel Sacher, ora con due strati di pasta al cioccolato separati dalla confettura di albicocca e glassa al cioccolato, dall’altro quella di Demel, la famosa pasticceria di corte, K.U.K. Hofzuckerbäcker Chocoladenfabricant Wien. Demel vantava l’acquisto dei diritti legali sul dolce da un nipote di Sacher [8].

Nella versione di Demel la pasta non è divisa a metà ma è spalmata di marmellata, segue poi la copertura al cioccolato. La contesa legale ha dato ragione a Sacher per l’uso del nome ed ora la Sachertorte di Demel è oggi nota come Echte-Sacher-Torte, torta Sacher autentica, o Demel-(Sacher-)Torte, o anche Ur-Sachertorte a sottolineare che, di fatto, è la vecchia e… più originale!
Attualmente nella Venezia Giulia si trovano due versioni di Sacher, entrambe però ricoperte da cioccolato temperato anziché dall’originale fondant al cioccolato, la cosiddetta glasur. La prima contiene solamente zucchero, cioccolata, farina e uova, tutto in ugual peso, si presenta più secca, quasi sabbiosa, molto simile a quella dell’Hotel Sacher ed è servita con panna montata a parte. La seconda si caratterizza per avere nell’impasto anche farina di mandorle o nocciole con la conseguenza di risultare più morbida e umida al gusto. Citerei qui Mady Fast che nel suo libro I dolci a Trieste [9] ricorda che i triestini dicono “noi la femo meo dei vienesi”.
Il caso Sacher ci ricorda quindi come il sistema alimentazione sia in continua evoluzione: i gusti, le tendenze, le abitudini alimentari cambiano con rapidità e tutto si riflette parallelamente nei nuovi modi di cucinare [10].

TORTA SACHER ricetta casalinga classica
Per due torte del diametro di 24 centimetri

Per l’impasto
12 uova
250 g di cioccolato
250 g di burro
250 g di farina
150 g di zucchero semolato
marmellata di albicocche per farcire
cioccolato fondente per la copertura

Per farcia e copertura
400 gr di cioccolato fondente
200 gr di confettura di albicocche sciolta con un po’ di acqua calda e setacciata

Montare molto bene il burro con lo zucchero, aggiungere i tuorli, uno alla volta, continuando a montare con la frusta prima di aggiungere il tuorlo successivo. Sciogliere il cioccolato con due cucchiai d’acqua e aggiungerlo delicatamente, quando tiepido, alla massa montata.
Aggiungere la farina setacciata, un po’ alla volta, mescolando con una spatola di silicone dal basso verso l’alto.
Versare in uno stampo imburrato e cuocere a forno moderato per un’ora[11].
Tagliare la torta a metà e farcirla con marmellata d’albicocche. Ricoprire la torta con cioccolato temperato[12].
Volendo ricercare una copertura più vicina a quella della Sacher originale, che al palato granisce come un fondant al cioccolato, bisogna fare uno sciroppo di 100 g di zucchero con 33 g di acqua e portarlo a 110° C (piccolo filo) ed incorporarlo a filo spatolando a 100 g di cioccolato fondente sciolto a bagnomaria[13].

TORTA SACHER ricetta casalinga con mandorle

240 g di albumi (6) a neve
180 g di tuorli (9)
150 g di zucchero semolato
100 g di farina di mandorle
100 g di burro
50 g di cacao
50 g di farina
50 g di pangrattato
50 g di marmellata di albicocche
2 cucchiai di latte
semini di mezza baccello di vaniglia

Montare molto il burro con lo zucchero, poi aggiungere i tuorli, uno alla volta, continuando a montare con la frusta prima di aggiungere il tuorlo successivo. Sciogliere il cacao con il latte, unire la vaniglia e le mandorle ed aggiungere alla massa montata. Incorporare delicatamente gli albumi a neve e successivamente un po’ per volta la farina ed il pangrattato setacciati. Cuocere in tortiera imburrata per un’ora a forno moderato. Farcire di marmellata e ricoprire di glassa al cioccolato.

RIGOJANCSI

Un’altra torta del periodo e tuttora in uso è una granatina alla panna, la famosa Rigojancsi: delicati strati di pan di spagna al cioccolato farciti da una cremosa ganache caratterizzano questa torta presente a Gorizia anche in versione pastina ma di cui ha perso il nome, contrariamente a quanto avviene a Trieste [14], e viene chiamata torta al cioccolato.
La storia del dolce è molto romantica e scandalosa allo stesso tempo. Il violinista Jancsi Rigò nel 1896 ebbe modo di suonare nel locale dove stava cenando la bionda milionaria americana Clara Ward sposata con il principe belga Joseph Chimay et de Caraman. Lei si era sposata a 17 anni e lo sposo aveva più del doppio dei suoi anni; il matrimonio fece scalpore sui giornali dell’epoca in quanto la ricchezza americana sposava la più povera aristocrazia europea. Il famoso cuoco francese Escoffier dedicò a Clara due ricette: l’Oeufs à la Chimay, uova con funghi cotte al gratin, and Poularde Chimay, pollo disossato ripieno con foie gras, tartufi e tagliolini.
L’incontro di Clara con Jancsi fu il classico colpo di fulmine. Il famoso pittore Toulose Lautrec ritrasse la coppia in un celebre quadro; la relazione continuò e fu lo stesso violinista in collaborazione con l’amico pasticcere Gerbeaud della famosa pasticceria Kugler-Gerbeaud a “comporre” il dolce che prese il suo nome [15].

TORTA RIGOJANCSI di pasticceria

Pandispagna
480 g di uova (6 grosse)
160 g di farina
160 g di zucchero
40 g di cacao
cioccolato fondente per la copertura

Crema
100 g di cioccolato fondente ad almeno il 60%
100 g di zucchero a velo
80 g di cacao
7 dl panna liquida
10 g di gelatina

Preparare un pandispagna tradizionale al cioccolato cuocendolo in uno stampo quadrato. Tagliare in due strati il pandispagna ricoprendone un parte con cioccolato fuso.
Reidratare la gelatina con 50 g di acqua e aggiungerla alla panna insieme allo zucchero ed al cacao. Montare il composto e aggiungere il cioccolato fondente tiepido a filo [16]. Farcire il primo strato di pandispagna e ricoprire con quello glassato. Far consolidare al fresco e tagliare in porzioni quadrate di 4 x 4 centimetri.

TORTA RIGOJANCSI in versione moderna (con bisquit senza farina)

Per il bisquit al cacao montare lungamente 5 uova intere con 150 g di zucchero a cui aggiungerete 80 g di cacao setacciato. Cottura in forno a 180° C per 12’.
Per la crema portate a bollore 1 litro di panna con 100 g di miele, 60 g di cacao e 170 g di cioccolato. Fate riposare in frigo e montate poi la crema. Componente il dolce mettendo un alto strato di crema tra due strati di bisquit. Fate consolidare in frigorifero/freezer e finite con una glassa lucida al cioccolato.

DOBOSTORTE

Una torta divenuta classica, ma con una origine meno romantica, è l’ungherese Dobostorte formata da sei strati sottili di pâte à biscuit, farciti da una crema al burro al cioccolato; il dolce è ricoperto poi da un caratteristico strato di caramello. Il creatore fu Josef Dobos che non fu mai pasticcere ma proprietario di trattoria e commerciante: preparò la torta che porta il suo nome nel 1884 e la presentò all’Esposizione Nazionale ungherese del 1885. La ricetta ufficiale rimase segreta per molti anni, anche se Caterina Prato la riporta già nell’edizione italiana del 1892 del suo manuale.

TORTA DOBOS casalinga

Per l’impasto
6 uova
120 g di zucchero
120 g di farina

Montare per almeno 10 minuti le uova con lo zucchero e in fine aggiungere delicatamente la farina. Stendere l’impasto in sei cerchi da 22 cm. Cuocere il bisquit a 200° C per 10 minuti fino a colore dorato.

Crema al burro al cioccolato
300 g di burro
225 g di zucchero
150 g di crema pasticcera
50 g di zucchero
25 g di glucosio liquido
120 g di albumi (3)
cacao in polvere

Preparare una meringa all’italiana: portare a 121° C 225 g di zucchero con il glucosio e 100 ml d’acqua e versarli a filo sugli albumi montati con 25 g di zucchero. Montare con frusta fino al raffreddamento. Montare il burro con 50 g di zucchero, unire a piacere il cacao e la crema pasticcera. Unire la massa di burro con la meringa.
Montare la torta alternando dischi di bisquit e crema e finire con l’ultimo disco di bisquit ricoperto di caramello.

TORTA detta Dobos, dal manuale di cucina mitteleuropea di Caterina Prato, 1892

Si tramenano ½ ora 10 deca di zucchero con 5 tuorli e mescolatovi la ferma neve di 5 chiare ed 8 deca di farina, si cuoce questa massa al forno, divisa in 8 porzioni, in tanti cerchi da torta. Di poi si sbattono in un bacino tenuto sopra il vapore d’acqua bollente 5 uova, 21 deca di zucchero, 21 deca di cioccolata e la quarta parte d’un baccello di vaniglia, pestato collo zucchero, finché il tutto sia ridotto a densa schiuma, seguitando a sbattere mentre si raffredda, mescolandovi 21 deca di buon burro quando la massa è ancora calda; dipoi la si stende fredda sulle 7 sfoglie poggiandovi al di sopra l’ottava. Indi si fanno fondere 3 colmi cucchiai di zucchero, e quando è caramellato lo si stende colla lama riscaldata d’un coltello quale vernice sulla torta.

PISCHINGER

La torta Pischinger, che sta scomparendo dall’uso familiare a Gorizia mentre a Trieste è ancora presente nelle pasticcerie, è nata nel 1881 ad opera del famoso pasticcere viennese Oskar Pischinger. Consiste in strati di wafer o cialde, le famose Carlsbader Waffelblätter, farcite da crema al burro al cioccolato. Per rendere le cialde più consistenti da poter reggere la crema e mantenere la forma, a due a due vengono unite da un sottilissimo strato di farcitura di croccante alla mandorle o nocciole.

TORTA PISCHINGER

Per confezionare la torta acquistare 5 cialde wafer già pronte [17].

Ripieno
125 g di nocciole tostate e tritate
125 g di burro
125 g di zucchero
125 g di cioccolato grattugiato
50 g di tuorlo (2)

Montare a spuma il burro con lo zucchero, aggiungere i tuorli, le nocciole ed il cioccolato [18].
Montare la torta spalmando 4 cialde di crema e finire con l’ultima cialda senza crema.

Glassa al cioccolato
60 g di cioccolato
40 g di zucchero a velo
40 g di albume (1)

Ricoprire la torta spalmando una glassa ottenuta montando a meringa l’albume e lo zucchero a cui si aggiunge il cioccolato sciolto e tiepido.

Dello stesso periodo è la torta Punsch, o Punschkrapfen, che dovrebbe essere stata inventata da un pasticcere di corte, e che è ancora presente nelle nostre pasticcerie con la caratteristica copertura di fondant di zucchero color rosa carico. È costituita da due strati di pandispagna con un ripieno: è una torta che potremmo definire… di riciclo, dato che il ripieno contiene ritagli di pandispagna e resti di torte al cioccolato e altri dolci tutti bene amalgamati con abbondante bagna al rum.

A Gorizia è molto comune la crostata di Linz, Linzertorte, o come si diceva torta uso Linz, molto gustosa per la presenza di frutta secca nell’impasto frollo e per la farcitura di marmellata. Nelle pasticcerie è presente anche in versione pastina. Questa crostata non rientra comunque nelle invenzioni di pasticceria dell’Ottocento ma ha origine molto antiche e ci sono documenti della sua presenza in Austria almeno un paio di secoli prima [19].

Potrei continuare con gli Indianer Krapfen, il Mohr im Hemd…. ma lasciamo materiale per una prossima puntata!

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Note di approfondimento:

[1] Gouffé Jules, Le Livre de Cuisine: comprenant la cuisine de ménage et la grande cuisine avec 25 planches imprimées en chromolithographie et 161 gravures sur bois dessinées d’après nature par E. Ronjat, Paris, L. Hachette,‎ 1867

[2] Magdalene Pleiweis, Slovenska kuharica ali Navod okusno kuhati navadna in imenitna jedila, Založil H. Ničman, Ljubliana, 1868; Cfr FELICITE KALINŠKOVE, Velika Slovenska Kuharica ali kako okusno kuhati navadna in imentna jedila, Cankarjeva Založba, Ljubljana, 2008

[3] Katharina Prato, Die Süddeutsche Küche auf ihrem gegenwärtigen Standpunkte mit Berücksichtigung des Thee’s für Anfängerinnen sowie für prachtische Köchinnen, Aug. Zimmerman, Graz, 1858

[4] Caterina Prato, Manuale di Cucina per principianti e cuoche già pratiche, Trieste, 1892

[5] Ricordo che il frigorifero è stato inventato e brevettato nel 1851, perfezionato per usi pratici dopo il 1915 ed è entrato quindi in uso praticamente vari decenni dopo.

[6] Nel 1891 appare sempre in Francia il dolce Paris-Brest, in occasione della gara ciclistica: è costituito da una ciambella di pasta bignè (pâte à choux) farcita di crema nougatine e dovrebbe rappresentare come forma appunto una ruota di bicicletta. Il dolce non è mai però stato presente in città, se non in tempi molto recenti.

[7] Gli Austriaci definiscono generalmente con il termine Torte una crostata: l’anomalia quindi non è la Linzertorte ma la Sachertorte. In austriaco infatti la torta si chiama Kuchen e non Torte, che è invece la crostata. Stessa distinzione in francese, tra gâteau e tarte (dove in più si fa la distinzione tra tarte e tourte, che è la crostata o, meglio, torta coperta). Il nostro panforte, invece, sarebbe un Kuchen o un Brot (come Lebkuchen o Früchtebrot) ma, poiché non esiste in paesi di lingua tedesca, viene genericamente descritto come Gebäck, dolce al forno. Ricordo a questo proposito il Kletzenbrot tedesco, molto vicino alla gubana goriziana come ripieno.  I Kletzen sono le pere secche dolci e dal colore bruno, usate come ripieno come negli strucoli della Val Trenta. In genere il Kletzenbrot ha come ripieno frutta secca, noci, prugne, fichi, mele, albicocche o uva passa, con spezie e miele in una pasta di pane modellata in piccole pagnotte allungate. Il pane è bruno scuro ed è spesso decorato con mandorle bianche.

[8] La storia della Sacher-Torte dell’Hotel Sacher e della famiglia Sacher è in realtà più complicata. In sostanza, Franz Sacher, allora apprendista, “inventò” la torta (Ur-Sacher). Il figlio Eduard modificò la ricetta mentre era apprendista da Demel, dandole la sua forma attuale. Successivamente acquistò quello che oggi è l’hotel Sacher e ne fece un tempio dell’ospitalità e della gastronomia, ovviamente servendo anche la Sacher-Torte. Morì relativamente giovane, lasciando la vedova Anna Fuchs, che già si occupava dell’albergo a causa delle precarie condizioni di salute del marito, ed un figlio piccolo, Eduard. Anna Sacher resse l’albergo fino a poco prima di morire, nel 1930. Alla sua morte si scoprì che l’esercizio era in forte passivo ed il fallimento fu pronunciato quattro anni dopo. Il figlio, Eduard Sacher, vendette la ricetta della Sacher-Torte al pasticciere Demel, che prese a venderla con il nome Original-Sacher-Torte; l’albergo fu invece rilevato da una cordata Gürtler-Siller (oggi è rimasto alla famiglia Gürtler, che è anche proprietaria del Sacher di Salisburgo). E qui le cose si complicano. Per finanziare i costi dell’indispensabile rifacimento dell’Hotel Sacher i proprietari decisero di non limitarsi a servire la torta Sacher nei loro locali, ma di venderla al pubblico, e di registrare il marchio Original-Sacher-Torte a loro nome. Dopo la guerra, con la necessità di finanziare una nuova ristrutturazione dell’albergo ed il conseguente ampliamento dell’attività di vendita, i proprietari dell’albergo citarono Demel in giudizio per impedirgli di continuare a vendere la sua Original-Sacher-Torte. Dopo sette anni di procedimento, nell’impossibilità di arrivare a sentenza da parte dei giudici, Hans Gürtler, nel frattempo rimasto unico proprietario dell’albergo, arrivò ad un accordo extragiudiziale con Demel in base al quale al Sacher veniva riservata la denominazione Original-Sacher-Torte, mentre Demel avrebbe usato Eduard-Sacher-Torte.

[9] Mady Fast, I dolci a Trieste punto d’incontro di civiltà, Trieste 1989

[10] Riporterò qui alcune ricette di torte mitteleuropee. Quelle indicate sono prevalentemente di tipo casalingo e non professionale e rispecchiano tutte le evoluzioni, omologazioni e semplificazioni portate dal tempo e dal gusto corrente.

[11] Meglio ancora forno debole a 130° C per un’ora e mezza. La torta non deve cuocere in fretta perché altrimenti si asciuga troppo e sa di uovo cotto! Anche un pentolino d’acqua alla base del forno aiuta a mantenere la giusta umidità di cottura.

[12] La tempera del cioccolato è importantissima per fargli mantenere le proprietà di croccantezza e lucidità. Per semplificare l’operazione di temperaggio, basta praticamente sciogliere due terzi del cioccolato fondente e portarlo con un bagnomaria alla temperatura tra i 50° C e i 55° C. Togliere dalla fonte di calore la ciotola e aggiungere il rimanente cioccolato tritato e mescolando con spatola portarlo a 32° C per utilizzarlo. L’aggiunta del cioccolato tritato serve per la ricristallizzazione corretta del burro di cacao.

[13] Durante questa operazione il cioccolato con lo sciroppo dovrebbe essere versato quattro o cinque volte su un piano di marmo, spatolato e lavorato fin che si raffredda e poi rimesso in un bagnomaria caldo. Queste operazioni servono a rendere la copertura lucente. Ci si accorge che il fondant è pronto da come cola dalla spatola.

[14] Chiamata popolarmente però rigojanci.

[15] La Pasticceria Gerbeaud di Budapest ha tolto da alcuni anni la torta dal menu e, tra l’altro, anche la storia romantica al tempo finì come ci raccontano Gabriele e Giada Furlan. La coppia si stabilì in Egitto, ma le bionde principesse sono spesso volubili e durante un viaggio in Europa Klara si innamorò di uno spagnolo e abbandonò Jancsi. Alla fine sposò un italiano, capostazione della Ferrovia Vesuviana. Cfr. Gabriele e Giada Furlan, I dolci Austrungarici nei caffè storici di Trieste, in Friuli Venezia Giulia dolce regione, Forum, Udine, 2006, pag. 27

[16] L’operazione non è semplice da fare a casa ed il risultato dipende principalmente dalle temperature dei composti. Per semplificare l’operazione e per aumentare il gusto frigor della crema, in testi recenti di cucina ungherese il cioccolato è fuso insieme a burro che lo rende morbido a temperatura ambiente e poi aggiunto alla montata di panna. Cfr. Ildikȯ Kolozsvȧri, Easy and Quick Hungarian Cakes, CasteloArt Publishing Ltd., s.d., Budapest. Qualche pasticcere, per semplificare, farcisce il dolce con una ganache al cioccolato: mi riferisco ad esempio alla ricetta del famoso ristorante Gundel fatta con semplice ganache di panna e cioccolato, ma con uno strato di marmellata tra bisquit e crema. La ricetta di Ervin Poth della famosa pasticceria triestina La bomboniera non prevede gelatina ma solo panna, cacao e cioccolato: cfr. Giancarlo Re (a cura di), Dulcis in fundo – guida ai dolci e alla pasticceria in Friuli-Venezia Giulia, Libra Edizioni, Pordenone, 2002

[17] Andrebbero usate le cialde uso Carlsbad. Si possono ottenere da una crema di 350 g di farina con 7 dl di panna e 2 tuorli con cottura in cialdiera.

[18] In alcune versioni correnti il cioccolato è aggiunto una volta fuso.

[19] Alcuni siti internet, forse per motivi commerciali, la definiscono “la più antica torta del mondo”, tradendo il fatto che gli estensori del sito certamente non hanno avuto modo di leggere l’opera di Apicio o i testi “più recenti” di epoca medievale del Maestro Martino da Como o del Platina tutti ricchi di molte torte!

            

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Roberto Zottar

4 Commenti Aggiungi un commento

  • Straordinario articolo, denso di approfondimenti culturali e gastronomici… Grazie Roberto! (Ma quando pubblicherai un libro?)

    • a dir la verità…ne ho già scritti vari ! Se ti interessano i dolci e se vuoi approfondire il tema di questo articolo, c’è il libro scritto con incoraggiamento e contributo del Comune di Gorizia: “dolce Gorizia – pasticceria dell’antica contea! – edizioni LEG.
      ….di mestiere però faccio altro, sono ingegnere

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