Nuova vita per il barbecue italiano

Gli italiani sono dei maestri del barbecue! Può sembrare un’affermazione forte, ma in un paese che vanta 20 cucine regionali, nei quasi 2.000 km di stivale, dalle Alpi al mar della Sicilia, sulle braci si cuoce praticamente di tutto, dal cervo alle sardine.

Del resto bisognerebbe meravigliarsi del contrario: assieme ai cugini francesi, l’Italia è la patria di una delle più ricche tradizioni culinarie al mondo e la cottura su braci è solo una delle tante che si praticano nel nostro paese. C’è solo un malinteso grammaticale a tutto quanto affermato fin’ora: la stessa parola berbecue, utilizzata forse in maniera impropria, forse per quella moda tutta italiana che prevede l’uso dei termini inglesi, qualora ve ne siano di disponibili.

Ed è qui il vulnus della questione perché, a volerlo utilizzare per bene – il termine barbecue – secondo l’accezione americana, beh … scopriremmo che in Italia non facciamo barbecue, ma delle gran grigliate.

Ma le cose, fortunatamente, cambiano; se prima il cibo americano suscitava compiaciuti sorrisini sui volti degli italiani appassionati di cibo, oggi – forse anche grazie ad alcune trasmissioni made in USA, come Man vs Food, Brutti Sporchi e Affamati o i Re della Griglia – si comincia a guardare con maggior curiosità al mondo dell’American Barbecue, ovvero quello fatto si di griglie e carboni, ma con tecniche di cottura completamente diverse, con l’uso di speziature, affumicature e attrezzatura per griglire con coperchio.

E cosi gli amanti del bbq – quelli che, oltre a mangiarlo, lo preparano – hanno iniziato a riunirsi, prima in forum, poi attorno a blog e infine sul social per eccellenza: Facebook. E in questi consessi carbonari in tanti hanno iniziato a prendere dimestichezza con tecniche di cottura che prevedono basse temperature e tempi lunghi di cottura, l’uso di spezie e di legna per aromatizzare le pietanze. BBQ4all e Grill Different sono i due forum che hanno indicato la strada, prima di passare dal web agli incontri attorno alle braci. È nel 2013 che iniziano i primi “timidi” corsi prima al nord, poi a Roma e in Puglia.

Ma il vero punto di svolta lo segna la prima gara di bbq certificata dalla KCBS, il più grande club statunitense di amanti del bbq, tenutasi a Perugia nel 2014, l’Italian Barbecue Championship, attorno alla quale si enucleano i primi bbq teams italiani. E se l’IBC di Perugia segna il punto di svolta, il 2015 è l’anno del consolidamento; quei team della prima ora, ora sono maturi e hanno costituito, in un anno, un piccolo seguito locale, contribuendo alla diffusione della cultura del barbecue.

E assieme ai team, si sviluppa un nuovo lessico legato al mondo del bbq: parole come rub – il mix di spezie che insaporisce la carne, foil – la tecnica di racchiudere in cartoccio di alluminio o carta alimentare le carni, durante una fase di cottura, trimming – la paratura della carne prima di metterla in cottura – non sono più dei termini misteriosi. Anche i nuovi tagli di carne tipici dell’american bbq iniziano ad arrivare sui banchi di macelleria; oggi i Boston butt – la spalla di maiale comprensiva di osso, le St. Louis ribs – le costine di maiale squadrate, e il beef brisket – la punta di petto di manzo, sono reperibili presso le maggiori catene di distribuzione o presso qualche macellaio appassionato. I rivenditori di bbq hanno arricchito i loro punti vendita con spezie salse made in USA, con un’offerta in varietà e qualità impensabili solo tre o quattro anni fa.

In tanti sono cresciuti e quelli che erano dei gruppetti di amici disposti a sfidarsi in singolar tenzone davanti alle braci, oggi sono delle vere e proprie società di catering. Alcuni presidiano le manifestazioni di street food lungo tutto lo stivale, offrendo le loro specialità a base di carne e qualcuno ha iniziato a collaborare con chef di grido. Non c’è che dire, il movimento cresce, la cultura dell’american barbecue si diffonde e in tanti sono pronti a scommettere che sarà la next big thing nel campo della gastronomia.

      

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Fabrizio Cioffi

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