Il pasticciotto leccese, dal Salento con amore

Una piccola pasta frolla ambrata e fragrante, ripiena di vellutata crema pasticciera fanno del Pasticciotto Leccese il dolce per eccellenza del Salento. Alla base di tanto successo, materie prime semplici e rigorosamente locali che in passato erano prodotte direttamente dai contadini e dalle massaie: uova, farina, latte e strutto di maiale (la sugna). Ingredienti genuini e freschi che sigillano la tradizionalità e l’assoluta artigianalità di questo dolce, che si trova sempre in pasticceria, bar o panetteria e mai preconfezionato al supermercato.

Pasticciotti Leccesi

Di storie intorno alle origini di questo dolce tipico ce ne sono tante, ma la prima e, a tutt’oggi, unica fonte documentale dell’esistenza del pasticciotto e non della sua creazione, risale ad un atto notarile del 1707. Come si scopre nell’archivio della Curia Vescovile di Nardò, nell’inventario redatto il 27 luglio 1707 in occasione della morte di Monsignor Orazio Fortunato, vescovo di Nardò, tra le altre masserizie compaiono infatti: «barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto».
Una più recente e folcloristica leggenda metropolitana colloca invece la nascita del pasticciotto nel 1745 a Galatina, nella bottega di pasticceria della famiglia Ascalone durante le festività di San Paolo, guaritore delle tarantate.
Un anonimo cronista del tempo narra che il pasticciere Nicola Ascalone, arrovellandosi per creare un dolce capace di attrarre soprattutto i forestieri in occasione della festa del santo patrono, dopo vari tentativi si ritrovi solo con degli avanzi di pasta frolla e crema, che decide comunque di utilizzare in un piccolo recipiente di rame, ottenendo una piccolissima torta alla crema.
Il pasticciere, insoddisfatto del risultato, da lui stesso definito un vero e proprio “pasticcio”, decise di infornarlo ugualmente. Una volta pronto, lo regalò a Don Silvestro, il parroco del paese, passato di lì in visita come ogni mattina.
Don Silvestro invece apprezzò moltissimo quel dolcetto, complimentandosi profusamente con Ascalone tanto da chiedere a quest’ultimo di preparargliene degli altri da portare alla sua famiglia.  Da quel giorno si diffuse la voce dell’invenzione di quella prelibatezza, portando a Galatina centinaia di golosi in cerca del «pasticciotto de lu Scalone» (pasticciotto dell’Ascalone).
Per quanto pittoresca e incantevole, questa versione, ricca fra l’altro di molte incongruenze (una per tutte: il pasticcere aveva già a disposizione, guarda caso, delle formelle a forma di barchetta) non ha alcun fondamento storico.
Vero è che i pasticciotti prodotti ancora oggi nella Pasticceria Ascalone di Galatina sono sicuramente fra i più buoni della Provincia di Lecce, così come meta irrinunciabile per chi è in visita a Lecce sono le storiche Pasticcerie Natale e Alvino. Va anche detto che in tutte le provincie del Salento (Brindisi e Taranto incluse) si può gustare questa specialità senza rimanere delusi.

Tornando alle origini del pasticciotto, studi recenti hanno evidenziato l’esistenza di suoi antenati illustri, già a partire dal 1300 che testimoniano anche fusione e contaminazione fra tradizioni relativamente distanti.

 Varchiglia Cosentina

In particolare si parla delle “varchiglie” cosentine (dallo spagnolo barquilla ossia barchetta) che erano composte originariamente da un involucro esterno di pasta frolla e da un ripieno morbido di mandorle e zucchero, coperto da una glassa di zucchero a cui si dava la forma appunto di una barchetta. Dai primi del 1800, con la diffusione del cioccolato, la ricetta si è poi evoluta con l’aggiunta di cioccolato fondente sia al ripieno che alla copertura.
Le varchiglie, a loro volta, potremmo definirle le antesignane dei “bocconotti” e del “fruttone salentino”.

Bocconotti Calabresi

I primi, dolcetti sempre a base di frolla e con ripieni differenti a seconda delle tradizioni locali (dalle marmellate, alle creme, alla frutta), sono tipici di molte regioni meridionali (Calabria, Basilicata, Abruzzo, Campania, Molise, Puglia).

Fruttone leccese (foto da Puglia.com)

Il secondo è un dolce dal guscio di frolla ripieno di crema di mandorle e marmellata di pere o di mele cotogne (cotognata), ricoperto da uno strato superiore di cioccolato fondente.
Il bocconotto,  viene prodotto in un piccolo recipiente di rame stagnato di forma tonda o ellittica, ovvero a forma di barchetta, la “varchiglia” diventata poi “barchiglia“.
Questo spiegherebbe l’origine del nome dato alle formelle di rame «barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto» così come menzionate nell’inventario relativo ai beni e alle sostanze del vescovo di Nardò, citato in precedenza.
Il cuoco Bartolomeo Scappi, nel suo famoso trattato di cucina “L’Arte Et Prudenza D’Un Maestro Cuoco”  (1570) usa le espressioni «cassetta del pasticcio» e «pasticcio in cassa», che suggeriscono la preparazione di un “pasticcio” (dal latino popolare *pasticĭu(m), deriv. di păsta ‘pasta’, inteso come pietanza, avvolta in un involucro di pasta frolla o sfoglia) all’interno di una forma di terracotta o di rame stagnato (“cassa” o “vaso”).
È facile quindi ipotizzare una connessione fra il termine «pasticcio in cassa» e il termine “pasticciotto” che, considerate le piccole dimensioni di quest’ultimo, nel tempo è divenuto probabilmente un vezzeggiativo più semplice e colloquiale del termine pasticcio, così come lo sono anche i termini “pasticcino” o “pasticcetto”.
Infine, non deve neanche ritenersi un caso che i bocconotti siano così simili ai pasticciotti leccesi, come non deve esserlo il fatto che il termine “buccunottu” appartenga sia al lessico dialettale calabrese che salentino e che, proprio nel Salento, venga ancora inteso essere una variante onomastica del pasticciotto.
La città di Lecce lo ha persino riconosciuto come dolce tipico leccese tanto da inserirlo nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Piazza Sant'Oronzo, Lecce

Il mio consiglio appassionato, se doveste essere in Salento, è di andare in pasticceria o al bar per assaporare la bontà unica del pasticciotto, preferibilmente a colazione, come vuole la tradizione, ancora caldo e magari accompagnato da un buon caffè, oppure di sera come dolce coccola che chiude la giornata.
Intanto consoliamoci con una versione casalinga del pasticciotto. Molte sono le ricette  e con mille varianti. I pasticcieri sono molto gelosi delle proprie ricette, quindi è missione quasi impossibile farsene dare una. L’unica certezza della ricetta tradizionale è l’utilizzo dello strutto come materia grassa per l’impasto della frolla, che garantisce una fragranza e un sapore senza eguali. Chi volesse utilizzare il burro può ovviamente farlo, ma il risultato finale si scosterà dall’originale.
Da quando vivo in Olanda, posso solo sognare di andare al bar o in pasticceria per gustarmi un pasticciotto caldo. Ma non mi sono rassegnata e, come per tante altre cose, ho messo letteralmente le mani in pasta, e questa delizia me la faccio io. Condivido perciò con voi la ricetta collaudata di famiglia.
Ogni volta quando li preparo, in casa si diffonde un aroma inconfondibile… è aria di casa, della mia meravigliosa terra: lu Salentu.

I PASTICCIOTTI LECCESI – la ricetta

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Dosi per circa 10 pasticciotti con stampino ovale di cm 10 x 6,5 oppure una torta pasticciotto (versione grande del pasticciotto leccese), in uno stampo per crostata o per torta del diametro di 24-26 cm .

Per la pasta frolla
500 g di farina
250 g di strutto a temperatura ambiente
200 g di zucchero
3 uova intere (sbatterle e metterne un po’ da parte in una tazzina)
1 cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di sale

Per la crema pasticciera
6 tuorli d’uovo
6 cucchiai di zucchero
6 cucchiai di farina 00 (per una crema più leggera sostituire 3 cucchiai di farina con 3 di maizena)
1 l di latte
scorza intera di un limone (solo la parte gialla)

Preparariamo prima la crema, così avrà il tempo di raffreddarsi.
In un pentolino far riscaldare il latte con la buccia intera del limone. In una ciotola sbattiamo con una frusta i tuorli con lo zucchero e lavoriamo il tutto fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungiamo la farina un pò per volta, incorporandola delicatamente evitando grumi. A questo punto aggiungiamo il latte caldo poco per volta facendo ben sciogliere il composto. Mescoliamo fino ad ottenere un liquido omogeneo e versiamo il tutto in un pentolino anche insieme alla scorza di limone. Rimettiamo sul fuoco e mescoliamo continuamente fino al bollore. A questo punto la crema si sarà addensata, la versiamo, ancora calda, in una ciotola, rimuovendo la scorza di limone, e la ricopriamo con una pellicola trasparente per evitare che si formi la pellicina in superficie. Lasciamo raffreddare completamente.
A questo punto possiamo preparare la pasta frolla.
Sulla spianatoia setacciamo la farina e la mescoliamo al sale, al lievito e allo zucchero e la disponiamo a fontana. Sbattiamo in una ciotolina le uova e mettiamo un paio di cucchiai da parte in una tazzina, serviranno più avanti per spennellare la superficie dei pasticciotti prima di infornarli.
Aggiungiamo alla farina le uova sbattute e lo strutto. Impastiamo velocemente il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo. Formiamo una palla e la copriamo con della pellicola trasparente e la lasciamo riposare  in frigo per almeno mezz’ora.
Preriscaldiamo il forno a 200° C (in modalità statica).
Stendiamo con un mattarello la pasta frolla fino ad ottenere una sfoglia di circa 3 mm di spessore. Con la metà della pasta foderiamo gli stampini, leggermente imburrati. Riempiamo ogni stampino con la crema pasticcera fredda fino al bordo e la livelliamo col dorso di un cucchiaio. Ricopriamo con un altro strato di frolla che sigilleremo con le dita premendo sul bordo della formina in modo da conferire al pasticciotto la sua tradizionale forma a cupoletta e con le mani eliminiamo la pasta in eccesso.
Spennelliamo la superficie con l’uovo sbattutto messo da parte in precedenza, inforniamo e facciamo cuocere i pasticciotti per circa 15/20 minuti (varia a seconda dei forni), finché non avranno raggiunto un bel colore ambrato. La cottura è fondamentale: dev’essere veloce e ad alta temperatura.
Per gustarne appieno la fragranza, i pasticciotti vanno mangiati appena sfornati, ma vi assicuro che anche freddi vanno bene.

Pasticciotti Leccesi

FONTI e CREDITI:

«Pasticciotto leccese: folklore o verità? » di Alessandro Massaro
Tutte le foto sono di Donatella De Finis, eccetto:
– “le varchiglie cosentine” di Filomena del blog “Io Cucino Così”
– “i fruttoni leccesi” da Puglia.com
– “i bocconotti calabresi” di Sara Sguerri del blog “pixeliciuos”

                  

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Donatella De Finis

4 Commenti Aggiungi un commento

  • Gentilissima Donatella De Finis, mi congratulo per il Suo bellissimo articolo, direi anche piuttosto articolato ed esauriente sull’argomento, e La ringrazio della, seppur doverosa, citazione e dei crediti attribuiti alle mie personali ricostruzioni storiche.
    Alessandro Massaro

    • Alessandro,
      grazie per il complimento e soprattutto per il suo lavoro! Ricostruzione storica la sua accurata e meticolosa, per me grande fonte d’ispirazione.
      Donatella De Finis

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