Pistacchio, l’oro verde venuto da lontano

È un prodotto affascinante il pistacchio, prezioso dono dell’Etna, fiore nel deserto, piccolo e potente, metafora della forza e della determinazione siciliana.

Conosciuto come l’oro verde, il termine dialettale che lo definisce è fastuca, dall’arabo fustuq. Lo indicano anche definizioni più “concrete”, come spaccasasso, legate all’ostinazione della pianta, in grado di adattarsi ai terreni rocciosi, o la più rude scornabeccu, per un rigonfiamento a forma di corna di capra sulle sue foglie dovuto all’attacco di parassiti. Frutto prelibato e peculiare, la sua storia affonda le radici in tempi e spazi lontani.

Proveniente dai territori della Siria e della Palestina, viene addirittura citato nella Bibbia. Si consumava presso gli Assiri e i Babilonesi e nel III sec a. C. fu introdotto in Grecia, dove era apprezzato soprattutto per le sue capacità curative e afrodisiache. In Italia arrivò grazie al governatore romano di Siria Lucio Vitellio nel 30 d. C, ma la coltivazione non diede buoni risultati. Furono gli Arabi nel X sec. a reintrodurla in Sicilia, dove la pianta cominciò a dare i suoi frutti migliori alle pendici dell’Etna, grazie all’habitat naturale costituito dalla pietra lavica ricca di sali minerali che ne determina caratteristiche diverse rispetto al pistacchio raccolto altrove.

La pistacchiocoltura, molto fiorente in Sicilia agli inizi del XX sec. con più di 15.000 ettari, ha subito un progressivo declino, riducendosi oggi a 4000 ettari nella zona di Bronte e dintorni. È questa la terra in cui cresce uno dei pistacchi più pregiati al mondo. Il pistacchio di Bronte, dal gusto intenso e saporito, è riconoscibilissimo per il suo colore verde smeraldo, dovuto a una forte concentrazione di clorofilla, e alla sua forma allungata. Questa varietà viene detta “Bianca” per il colore del mallo che sembra un confetto.

Bronte vuol dire “tuono”, nome di uno dei Ciclopi che nelle fucine di Efesto, all’interno dell’Etna, forgiavano i fulmini di Zeus. In una grotta  nei pressi di Bronte gli antichi ritrovarono dei grandi teschi con un enorme foro nasale e pensarono che si trattasse dell’occhio del Ciclope. In realtà era una di quelle cave in cui andavano a morire gli elefanti nani al tempo in cui abitavano la Sicilia.

Per saperne di più ho intervistato Ilary Rey, responsabile marketing di Bacco, nota azienda produttrice di prodotti al pistacchio di Bronte. Ilary condivide con suo marito Claudio Luca, fondatore dell’azienda, la passione per questo prodotto. La Bacco nasce nel 2006 da un sogno di Claudio, laureato in giurisprudenza ma appassionato della sua terra e dei suoi prodotti. Poco più di dieci anni fa il giovane imprenditore ha creduto nelle potenzialità del prodotto e con i suoi collaboratori ha fatto di Bacco un’azienda leader nella trasformazione del pistacchio, tanto che il Financial Times nel 2016 ha inserito l’azienda brontese tra le mille aziende migliori d’Europa per crescita assoluta.

Se si volesse personificare il pistacchio, si potrebbe assimilarlo ad un sultano legato a più mogli. Poiché le cultivar maschili sono in minoranza rispetto a quelle femminili, ad ogni maschio spettano otto femmine. Il maschio viene piantato “sopra vento” e le femmine “sotto vento”, cosicché il vento possa trasportare il polline dei fiori dai maschi fino al pistillo delle femmine. Questo fecondo incontro avviene su un terreno roccioso, impervio e sfavorevole, dove ancora più faticosa è la raccolta, effettuata tra la fine d’agosto e la fine di settembre, quando il caldo della Sicilia è ancora intenso. Dopo aver scosso e strofinato i rami si fanno cadere i frutti dall’albero dentro un contenitore o su teli stesi ai piedi delle piante. Una volta terminata la raccolta, i frutti sono privati del mallo (smallati) e stesi al sole per 4-5 giorni per essere essiccati. L’asciugatura si può effettuare anche sotto tunnel coperti di materiali plastici in 2-3 giorni.

I terreni più produttivi sono quelli delle zone di Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Regalna. La raccolta del pistacchio brontese è biennale. Ogni pianta produce da 5 a 15 chili di frutto smallato ed asciugato con punte massime di 20-30 chilogrammi. Negli anni in cui non si raccoglie, detti “anni di scarica”, si procede alla cosiddetta potatura verde e si fa riposare il terreno. Questa pratica probabilmente risale alla dominazione araba. Grazie al riposo, la pianta assorbe dal terreno lavico le sostanze necessarie per produrre un frutto più ricco di qualità organolettiche. Negli anni dispari si raccolgono oltre 30 mila quintali di pistacchi che rappresentano appena l’1% della produzione mondiale.

Attualmente il pistacchio è un prodotto in crescita, il cui prezzo di vendita parte dai 40 euro al chilogrammo. Al pistacchio gli abitanti della zona devono il risveglio economico, culturale e turistico degli ultimi anni.

Claudio, Ilary e i loro collaboratori mirano a promuovere la percezione del pistacchio di Bronte, prodotto ricco di proprietà benefiche che risponde alle esigenze di un target di consumatori sempre più attenti alla salute, al benessere e alla forma fisica. I prodotti a base di pistacchio, infatti, sono ricchi di vitamine, sali minerali, fibre e acidi grassi essenziali, caratteristiche nutrizionali “buone”, tanto importanti quanto il gusto e alla soddisfazione sensoriale.

 

Si ringrazia la Bacco Srl per le foto

L'autore Vedi tutti gli articoli

Cettina Callea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati da *