Sandra e i casoncelli bresciani

In quel triangolo di Lombardia compreso tra Bergamo e Brescia (con i suoi comuni di Barbariga e Longhena alla base nella Bassa) a sud e la Val Camonica a nord, si prepara una pasta ripiena dal nome comune di casoncello, ma che varia da zona a zona sia per forma che per ripieno.

Infatti dalle parti di Bergamo i casonséi hanno la forma di tortelli, cioè piccole torte ripiene: circoli di pasta ripiegati su se stessi a proteggere il ripieno. A Brescia, che dista neanche 50 km, il casoncello è un quadratino che si arrotola a caramella. In Val Camonica, invece, il tortello semicircolare viene di nuovo ripiegato al centro a formare un ferro di cavallo. Il ripieno? Come al solito quello che passa il convento: se ricchi c’è la carne, che può essere un avanzo di brasato, altrimenti formaggio ed erbe. Per condirli, mai andare oltre al burro e salvia: non si percepirebbe più il sapore del ripieno.

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Sandra è una bresciana da sette generazioni. Si sta avvicinando allegramente all’ottantina ma un tizio che le ha fatto l’albero genealogico le ha rivelato che ha sangue Sinti nelle vene e quindi è zingara ed è per questo che ama viaggiare. Infatti, al momento passa qualche mese a Brescia nell’appartamentino in centro sopra a quello della figlia, finché si stanca di quel panorama e viene in Olanda. È proprio ad Amsterdam che l’ho conosciuta, alcuni anni fa, in un ristorante italiano-bresciano, mentre stava facendo – appunto – qualche centinaio di casoncelli.

Nata in una famiglia tanto numerosa quanto povera (sei figli, padre operaio), racconta che a casa sua i casoncelli tradizionali bresciani con il ripieno di carne la madre li faceva solo a Natale. Allora stendeva lenzuoli bianchi dappertutto per far asciugare questi ravioli dalla tipica forma di caramella. “Ed io ed i miei fratelli ce li mangiavamo di nascosto così, crudi, che mia madre il giorno di Natale si chiedeva come mai le sembrassero sempre così pochi pur avendone fatti così tanti”.

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Negli anni ’60 Sandra sposa ‘bene’, un ricco negoziante di articoli per la casa, che le permette di darsi alle sue passioni: i viaggi ma soprattutto la cucina. Sandra ama apparecchiare bene la tavola, con ricchi tovagliati e porcellane finissime, e tutta la Brescia bene di quei tempi è ospite alla sua mensa.

Il matrimonio ad un certo punto si inceppa e nell’83 Sandra si ritrova a ricominciare da capo sfruttando la sua passione per la cucina. Con una sorella più grande e un fratello scultore che ha un atelier in una cascina abbandonata del ‘700 appena fuori del centro storico di Brescia, vi apre il ristorante ‘Novecento’, chiamato così perché sembra la cascina del film omonimo, con il portico con le colonne di marmo. “E venivano a mangiare da me al ristorante le stesse persone che fino a poco prima mi venivano in casa, e si meravigliavano di ritrovare gli stessi sapori. Ma certo, son sempre io a cucinare, solo che adesso pagate il conto”. Cucina i casoncelli allo stracotto della mamma, ce la fa a farne da sola fino a 11 vassoi al giorno, ma hanno un tale successo che ad un certo punto deve chiamare una ragazza in aiuto. Poi comincia a farli anche di zucca, ricotta e spinaci, insomma, a variare. La sua cucina: quella bresciana. Quindi casoncelli, risotti, stracotto, il manzo all’olio (di cui vi parlerò un’altra volta), lo spiedo con gli uccellini e la polenta.

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Dopo anni di grande successo ma anche di duro lavoro, Sandra vende ‘Novecento’ ed apre un ristorantino più piccolo a Maderno, sul Lago di Garda, in un piccolo convento del ‘500. “Un posticino delizioso! Ma si sa, io mi innamoro dei muri, e non ho pensato che il paese vive solo tre mesi l’anno in estate. Per il resto è un cimitero. Ho resistito tre anni, poi ho dovuto venir via”. Torna a Brescia, ma subito un amico del figlio, con la scusa di chiederle un consiglio, la fa innamorare di un localino dietro la piazza del Duomo Vecchio. “Ah, sì, fantastico, fai bene a prenderlo! – Ma mica è per me, ci vai dentro tu!” Lì comincia la sua avventura al ristorante “Il Duomo Vecchio” e per sette anni continua a cucinare le sue cose: i casoncelli, i risotti, lo stracotto, il manzo all’olio. Nel 2004, a 60 anni suonati, non ce la fa più a gestire il ristorante: “Facevo tutto da sola: la spesa, l’amministrazione, le banche, il personale, la cucina, ad un certo punto era davvero molto stanca e quando Cesare, che conoscevo da quando era ragazzo, un pomeriggio mi è venuto a chiedere se glielo volevo vendere, non ci ho pensato due volte”.

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Sandra va a vivere a Selinunte, in Sicilia, in una casettina carina con la terrazza sul mare: quattro anni di vacanze; quelle che non si era fatta dal 1983 le recupera in una volta sola. Lei ci sarebbe rimasta volentieri fino alla fine dei suoi giorni, in Sicilia, ma deve tornare a Brescia per aiutare la figlia con la sua ditta e poi non riesce più a ripartire. Insieme ad un’amica mette su un altro ristorante dietro ai musei, ma dopo un anno scioglie la società: “Quando un’amica diventa socia è un disastro”.

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La passione per la cucina però continua. E quando un socio di Cesare, Adriano, ha bisogno di istruire qualche cuoco nuovo nel suo ristorante di Amsterdam, Sandra è sempre più veloce della luce nel fare le valige. E tramite il fratello di Adriano va a passare alcune estati nella cucina di un agriturismo in Toscana. “Morirò tra le padelle, mi verrà un colpo mentre starò mettendo su un risotto”.

Al momento sta ripartendo per Brescia, ma già scalpita perché il prossimo mese vuole tornare ad Amsterdam, ché lei si stanca a non lavorare.

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I casoncelli bresciani della mamma di Sandra

Sandra non ha dosi, o perlomeno le sue sono da ristorante e piuttosto ad occhio, quindi bisogna regolarsi in base alla propria esperienza.
Preparare per prima cosa lo stracotto.
Mettere in una casseruola carote, sedano e cipolla e rosolarle con olio e burro.
Aggiungere tre tipi di carne (“maiale, vitello e manzo – ma ad Amsterdam ho usato solo il manzo perché il vitello è troppo caro e il maiale è improponibile agli ospiti musulmani“) a pezzi interi.
Rosolare e poi coprire con un litro di vino rosso, acqua in cui si è fatto sciogliere del concentrato di pomodoro (“i pelati no perché sono sempre troppo acquosi“), e far stufare piano piano per 4 ore.
Tirare fuori la carne, frullare il fondo di cottura e tenere da parte.
Mettere la carne nel robot (“la mamma non ce l’aveva, faceva tutto con la mezzaluna”) finché si riduce in briciole.
In una ciotola grande, cominciare ad aggiungere alla carne del grana grattugiato, le spezie (“la droga pura, una miscela nostra che contiene anice stellato, noce moscata, chiodi di garofano”) e poi il sugo dello stracotto finché l’impasto diventa bello morbido ma non bagnato.
Tirare sottile sottile con l’apposita macchinetta una pasta fatta con farina e uova (1 kg di farina, 10 uova), tagliarla a quadratini, mettere su ciascuno una pallina di ripieno e chiuderli come caramelle.

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I ripieni preparati ad Amsterdam

Pesce: carote, zucchine, cipolle, timo, rosmarino, rombo in forno; si frullano verdure e pesce ben diliscato, un po’ di formaggio, sale e pepe. Si condiscono con timo e burro spumeggiante e buccina di limone grattugiata.

Patate con sugo di porcini: patate lesse schiacciate, condite con grana e burro; poi si spadellano con dei funghi porcini con olio e aglio.

Zucca: si mette la zucca mantovana, quella piccola verde, a pezzi con la buccia in forno, poi si scava con il cucchiaio la polpa (“A volte mettevo anche la zucca intera nel forno, in 30 minuti era perfetta, con la polpa bella secca”), si condisce con grana e amaretti, niente salvia nel ripieno, solo nel burro del condimento.

Rucola: 1 kg di grana grattugiato, ½ kg di pane buono grattugiato, 7-8 foglie di salvia con 6-7 amaretti ridotti in polvere, 3 etti di rucola frullata, un bel tocco di burro sciolto, del brodo, spezie. “Di questi ne facevo 300 al giorno”.

A Barbariga i casoncelli hanno ottenuto dal 2002 la Denominazione comunale d’origine ed ogni anno la terza settimana di settembre vi si svolge la fiera del casoncello. A Pontoglio, invece, che si trova a metà strada tra Bergamo e Brescia, la sagra del casoncello è per Sant’Antonio, il 17 gennaio. I casoncelli di Pontoglio hanno la forma di tortello semicircolare, come quelli bergamaschi, non di caramella come quelli bresciani.

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Marina Vizzinisi

2 Commenti Aggiungi un commento

  • Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Sandra che ritengo una splendida persona oltre che ad un’ ottima cuoca .Assicuro a tutti che i suoi tortelli sono una goduria qualunque sia il ripieno !Una donna che val la pena di conoscere.

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