Se in libreria c’è lo chef (vero)

“Cuochi si nasce, chef si diventa”: è su questo assunto che si fonda “In cucina comando io”, il bel libro fresco di stampa di Antonino Cannavacciuolo, bistellato chef di Villa Crespi conosciuto anche al grande pubblico televisivo grazie alla versione italiana di Cucine da incubo.

Cuochi/chef. Guardando alle classifiche di vendita italiane dei libri di argomento culinario-gastronomico, si spererebbe di trovarvi sia gli uni che gli altri, ma in realtà prevalgono cucinieri più o meno improvvisati: teorici delle diete Dukan e Zona; guru e guretti dell’alimentazione sana; conduttori televisivi di trasmissioni di ricette; cuochi che cucinano solo in TV e non hanno mai messo piede nella cucina di un ristorante; gestori di portali web di ricette; più qualche concessione al cake design e alla cucina bon ton di chi apparecchia la tavola come fosse quella di palazzo reale e prepara la cena per trenta ospiti senza che un solo capello si scomponga nella sua fluente chioma.
Accomunati, i primi, dal concetto di alimentazione salutare come alimentazione punitiva, spesso ai limiti della trasformazione di sé in creature avicole che becchettano semi e granaglie; i secondi dal far passare il messaggio che cucinare è facile, veloce, elementare, che ce vo’. Basta acquistare la sfoglia pronta, la brisé pronta, la frolla pronta, le verdure surgelate e se precotte meglio ancora, e preparati, miscele, semilavorati. Accomunati anche dal definirsi senza resipiscenza cuochi e persino chef.
Poi si fa un salto in Francia e il panorama cambia. In classifica si trovano Pierre Hermé e Ducasse, Anne-Sophie Pic e Felder; e nonostante qualche iniziale cedimento alle sirene della videopopolarità, si respira un’altra aria. Perché possiamo dire ciò che vogliamo, ma è certo che i Francesi rispettano la propria gastronomia più di quanto facciamo noi.
Sia chiaro: ci sono ottimi libri di cucina scritti da chi cuoco non è e pessimi libri scritti da professionisti; non sempre si è in grado di comunicare il proprio saper fare e non sempre le scelte editoriali rendono giustizia a chi ha davvero qualcosa da dire. Ma rimane il fatto che a prevalere sono l’improvvisazione e l’approssimazione, nella convinzione che l’acquirente medio cerchi soltanto soluzioni facili, contenuti inconsistenti, e che l’odierna popolarità della cucina sia una vacca da mungere all’estremo, finché dura.
Perciò, se una volta tanto la popolarità televisiva contribuisce a far dare alle stampe il libro di uno chef autentico, bravissimo e che fa davvero sul serio, non possiamo che esserne lieti.
“In cucina comando io” è un repertorio di ricette perlopiù tradizionali provenienti in linea retta dai ricordi dell’infanzia in Costiera Sorrentina di Antonino Cannavacciuolo, rivedute e corrette con mano lieve, spesso in direzione di un alleggerimento. E’ bene chiarirlo, perché si rischia di scatenare guerre di religione: sono piatti dei quali ciascuna famiglia campana possiede la propria versione e la convinzione che sia l’unica indiscutibile. D’altronde la tradizione è proprio questo: non un corpus monolitico bensì la somma di molte varianti differenti da casa a casa, da quartiere a quartiere, figuriamoci poi da città capoluogo a provincia. Sono partiti, scuole di pensiero, abitudini: e ben venga che uno chef di altissimo livello condivida anche ricette di una cucina di casa, della sua tradizione familiare: è un modo efficace per avvicinare il pubblico al ricco repertorio gastronomico di regioni diverse passando dall’autenticità della memoria anziché dalla conoscenza raffazzonata o peggio simulata che, per esempio, propala in TV, nell’editoria e persino in blasonate scuole di cucina una ricetta di ragù napoletano con la carne macinata. Bestemmia.
Qualche incursione in quel Piemonte che ha adottato Cannavacciuolo e alcuni piatti-simbolo della cucina di Villa Crespi (dal tonno vitellato alla scarola liquida con stracciatella, scampi, pane e acciughe) completano il volume e contribuiscono a renderlo affascinante. E a rinnovare lo stupore che prende di fronte a piatti che si distinguono, oltre che per la bontà, per la bellezza ariosa, colorata, elegante che incredibilmente le enormi mani dello chef campano-piemontese sanno creare.

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Foto: http://www.antoninocannavacciuolo.it

A corredo delle ricette, le memorie d’infanzia e gioventù, il racconto del percorso formativo e professionale dello chef sono utili a chiarire a chi covasse qualche dubbio che cucinare per professione è fatica, è applicazione, è studio, è il percorso di una vita, e che non ci si può autonominare cuochi da un giorno all’altro solo perché si è letto da cima a fondo il Manuale di Nonna Papera.
In sintesi, meglio le ricette, anche classiche, di un grande chef che i capricci creativi di chi non è chef né cuoco, ma nemmeno abile appassionato, che sia il nutrizionista integralista o l’ex soubrette, o persino la diva hollywoodiana convertita al fornello e che pure continua a pesare 25 chili con gli stivali tacco 14.
Se poi oltre ai profumi e ai sapori si afferrerà tra le righe la sostanza del talento e dell’impegno duro di chi sa che cucinare è un lavoro serio, avremo fatto tombola.

Antonino Cannavacciuolo – In cucina comando io – Mondadori – Euro 16,90

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Giovanna Esposito

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