Thanksgivukkah: la metà ebraica

Negli Stati Uniti è fibrillazione: domani, 28 novembre, si verifica un evento che si ripeterà solo tra altri 70.000 anni, anzi 76.000: il Giorno del Ringraziamento, Thanksgiving, coinciderà con il primo giorno di Hanukkah o Chanukah, tradizionale festività ebraica.

Spiegarvi il perché e il percome di questa coincidenza richiederebbe un avventurarsi nei meandri delle differenze tra calendario gregoriano e calendario ebraico probabilmente senza uscita, che servirebbe solo a rivelare troppo della mia stolidità in materia di numeri, mesi lunari e anni solari. Per dire, riguardo al calendario ebraico (lunisolare), così si esprime Wikipedia: “Il calendario ebraico è basato sul ciclo metonico di 19 anni divisi tra normali (peshutim) ed embolismici (meubbarim) nei quali viene aggiunto un tredicesimo mese. Gli anni embolismici sono il 3º, il 6º, l’ 8º. l’11º, il 14º, il 17º ed il 19º anno del ciclo. Se ne ricava che il ciclo è composto di 12 anni di 12 mesi (144 mesi) e da sette anni di 13 mesi (91 mesi) per complessivi 235 mesi lunari. Il tredicesimo mese si chiama Adar Sheni. Il mese lunare dura circa 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi (il valore usato per i calcoli è 29 giorni, 12 ore e 793/1080 di ora, con uno scarto di pochi decimi di secondo). L’anno solare, invece, dura circa 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. Da questo deriva che nell’arco di un anno il calendario lunare di 12 mesi resta indietro di circa 10 giorni e 21 ore rispetto a quello solare. Alternando anni di 12 e 13 mesi come specificato, però, si riesce a compensare quasi esattamente la differenza: lo scarto tra 19 anni solari e 235 mesi lunari è appena di 2 ore e 5 minuti circa, pari a circa 7 minuti per anno. Oggi si sa che la velocità della Luna è in continuo, anche se infinitesimale, aumento con una conseguente riduzione del periodo lunare: questo introduce un’ulteriore fonte di errore”.

Ecco. Preferisco un letto di chiodi. Magari a voi è tutto chiaro come il sole, e io ho fatto la mia figura.
Comunque, per l’irripetibile occasione, definita ovunque “a once-in-a-lifetime event”, si è scatenata un’autentica febbre alla rincorsa di gadget, poster, cartoline, ricette per celebrare nel più degno dei modi; la festa una e bina è stata ribattezzata Thanksgivukkah, non senza qualche critica e qualche timida polemica, le sono stati dedicati una pagina Facebook e un account Twitter ed è fiorito il mercato dell’oggettistica più o meno kitsch, dal tacchino/menorah (menurkey) ideato da un ragazzino di 9 anni, al manifesto che è una versione riveduta e corretta di American Gothic di Grant Wood.

Naturalmente anche l’immaginazione culinaria si è scatenata, con risultati non sempre apprezzabili: il tentativo di coniugare ricette ebraiche di Hanukkah con i classici piatti del Thanksgiving ha prodotto qualche esperimento ragionevole come la Challah ripiena di zucca o il tacchino fritto, ma anche qualche autentico obbrobrio come i sufganiyot farciti con il tacchino; e se pensate che i sufganiyot sono una sorta di krapfen, normalmente farciti con confettura o gelatina, potete farvi un’idea del risultato.
Se proprio la curiosità vi divora, potete trovare alcuni di questi ibridi culinari qui e qui.
A noi sembra più ragionevole proporvi la ricetta di un classico di Hanukkah. oggi, e dedicarci domani al Thanksgiving.
Hanukkah è la festa ebraica che commemora la rivolta guidata da Giuda Maccabeo contro il sovrano ellenistico Antioco IV Epifane, che cercò di reprimere la religione monoteistica ebraica riportando in auge il politeismo greco: la ribellione condusse alla riconquista di Gerusalemme e alla riconsacrazione del suo Tempio, che Antioco aveva violato consacrandolo a Zeus. La festa viene celebrata per otto giorni in ricordo del miracolo dell’olio: dopo aver liberato il Tempio, i rivoltosi si misero alla ricerca dell’olio consacrato necessario per accendere le lampade, ma trovarono una sola ampolla incontaminata, ancora con il sigillo intatto del Sommo Sacerdote; l’ampolla era sufficiente per una sola sera, ma miracolosamente durò per altri sette giorni, consentendo di procurare olio nuovo e risistemare il Tempio. In ricordo dell’evento prodigioso, durante gli otto giorni di Hanukkah ogni sera viene accesa una candela della Chanukiah, il candelabro a nove braccia, la cui nona candela serve ad accendere tutte le altre, una alla volta. Ecco perché Hanukkah è conosciuta anche come Festa delle Luci.
Per Hanukkah la tradizione privilegia i fritti, in olio, come richiamo al miracolo del tempio: i sufganyiot, appunto, o i latkes (frittelle) di patate o in versione dolce con le mele, come quelle che vi proponiamo oggi.
La ricetta non è quella canonica. Ne esistono diverse versioni: alcune prevedono le mele grattugiate, come per le latkes salate di patate. La ricetta di Claudia Roden, molto simile a questa, cioè con le mele affettate e la marinatura, prevede l’aggiunta alla pastella degli albumi montati, dopo il riposo della pastella stessa.

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Latkes di mele

4 mele dolci, ben sode
4 cucchiai di zucchero superfine + quello necessario per spolverizzare
4 cucchiai di brandy
2 tuorli
2 cucchiai di olio vegetale dal sapore neutro
un pizzico di sale
150 g di farina
200 ml d’acqua
olio per la frittura, dal sapore neutro
Sbucciare le mele, privarle del fondo e della cima e del torsolo, tagliarle a fette ben spesse (4-5 fette per mela, a seconda della grandezza). Se non disponete di un levatorsoli, potete eliminare il centro di ciascuna fetta con un piccolo coppapasta tondo.
Disporre le fette di mela in un piatto con i bordi alti, irrorarle con il brandy e spolverizzarle con i 4 cucchiai di zucchero e lasciar riposare per un’ora, girando le fette di tanto in tanto e assicurandosi che siano ben ricoperte di liquore e zucchero.
Battere leggermente i tuorli con l’olio, aggiungere la farina e il sale e amalgamare bene con una frusta. Aggiungere l’acqua mescolando vigorosamente ed eliminando ogni grumo. Lasciar riposare per un’ora.
In una padella, riscaldare due dita d’olio. Immergere le fette di mela, ben sgocciolate, nella pastella, farle ricoprire perfettamente e friggerle poche per volta in olio caldo ma non eccessivamente, tenendo la fiamma piuttosto bassa in modo che le mele si ammorbidiscano all’interno prima che la pastella brunisca. Girare le fette di mela e farle dorare da entrambe i lati. Metterle a perdere l’olio in eccesso su carta assorbente, per pochi secondi, e servire ben bollenti, spolverizzandole di zucchero finissimo ed eventualmente di cannella.

               

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Giovanna Esposito

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