La Tarese del Valdarno ovvero il pancettone

Diversi anni fa andai all’inaugurazione del Mercatale di Montevarchi, che allora era un mercato mensile all’aperto dedicato a  prodotti agricoli un po’ particolari, potremmo dire di nicchia, ma a me piace di più chiamarli prodotti di qualità a rischio dimenticanza. E fu così che mi ritrovai faccia a faccia con lei. La Tarese del Valdarno, per gli amici il pancettone.

Appesa ad una struttura lignea, che permetteva di tagliarla a mano sostenendola in verticale, c’era questo pezzo di suino, salato e pepato, dalle dimensioni epiche.
In effetti la Tarese del Valdarno è davvero un pancettone, misurando fino a 50/60 centimetri per 80 di lunghezza e arrivando a pesare anche 20 chili: viene infatti ricavata dalla schiena e dalla pancia del suino, e la presenza dell’arista la rende molto particolare.
La Tarese del Valdarno è ottenuta partendo da carni di suino grigio o large white, nato in Italia, allevato allo stato brado o semi brado, possibilmente di sesso femminile e abbastanza pesante, un tempo intorno ai 250 kg (a peso vivo).  L’animale deve essere stato nutrito con prodotti locali come orzo, avena, frumento, farro, mais, segale e sorgo oltre a semi oleosi proteici.

Per realizzarla si prende la parte che resta dopo aver tolto la spalla e il prosciutto, si disossa, si rifila dal grasso e si cosparge di aromi: spezie (cannella, coriandolo, noce moscata), aromi (timo, scorza di arancia), pepe, aglio e, ovviamente, tanto sale. Le varianti di aromi sono poi personali dei pochi produttori di Tarese e ne rendono ciascuno pezzo unico, al punto che esistono vere e proprie fazioni su quale sia la migliore. Per farlo occorre ovviamente assaggiare il prodotto di tutti i macellai, ma non è lavoro molto complesso visto che, data la particolarità del salume, si contano sulle dita di una mano.  Alcune sono più aromatiche, altre più sapide, alcune più stagionate, altre più fresche. Ma ognuna di loro è ricca di profumi e aromi.
La stagionatura sotto sale grosso dura circa 10 giorni, si procede poi al lavaggio e ad una nuova insaporitura con spezie, ed aglio, e una stagionatura per un periodo che va dai 60 ai 90 giorni.
Il gusto è unico: la presenza importante di grasso fa sì che la Tarese mantenga una notevole morbidezza anche alla fine della stagionatura e gli aromi siano veicolati all’interno della carne.

La Tarese stava rischiando, come molti altri prodotti, di essere dimenticata, e per questo Slow Food ha deciso di farne un presidio, per poterne tutelare la produzione mantenendo intatte le caratteristiche. Ed è quindi grazie alla forza di volontà dei norcini della zona, uniti ai consumatori che hanno deciso di non perdere questa loro ricchezza, alla Provincia di Arezzo, che ha creduto nel valore dato ad un realtà territoriale anche dalla varietà di produzioni tradizionali, e a Slow food, che ha deciso di proteggere in qualche modo questa realtà artigianale, che la Tarese del Valdarno è ancora un prodotto non dimenticato.

Dal punto di vista organolettico la Tarese, come la pancetta, si caratterizza con strati di magro alternati al grasso. La parte del magro ha un colore rosso acceso (talvolta leggermente marezzato di grasso), mentre la parte grassa è bianca tendente al rosa.

Ha un profumo delicato e gradevole, e al naso si percepisce lieve l’odore delle spezie e delle erbe e un po’ più deciso il sentore di aglio, che però spicca con dolcezza. In bocca la sensazione più immediata è quella della solubilità del grasso e della morbida umidità della parte magra. Il sentore retronasale è quello di carne stagionata, con punte di speziato e di aglio. Giusta la sapidità che, sebbene decisa, ben si accompagna con il pane toscano, privo di sale, magari cotto a legna e a lievitazione naturale.

Non è affatto disdicevole mangiarla come un tempo: a stagionatura non ancora completata (un tempo la fame era tanta e dover aspettare non era facoltà di tutti) fatta sulla brace in accompagnamento ai fagioli tradizionali della zona: i coco, dal goloso aroma di arachide, o i più famosi zolfini del Pratomagno, dal colore giallognolo e dalla buccia inesistente. Un giro dello straordinario olio delle zone del Valdarno e il piatto diventa una incredibile pietanza da re!

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Rossanina Del Santo

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