Cucinare con la fisica

Quando cucino, nella mia bistecca preferisco far denaturare le miosine e il glicogeno; per quanto riguarda le mioglobine e actine… beh, parliamone! Certo, sembra un bel rompicapo, ma per essere certo che la bistecca in questione sia perfetta, basta risolvere un’equazione, quella della diffuzione del calore.

È solo uno degli esempi di quanto la fisica e la chimica siano presenti tutti i giorni nelle nostre vite e sembra proprio che entrino dalla porta della cucina. Per spiegare meglio come ciò accada, lo scorso 1 febbraio, il professor Fabio Bruni ha tenuto una lezione divulgativa presso la Facoltà di Matematica e Fisica dell’Università Roma3, la prima di una serie di lezioni aperte alla cittadinanza, organizzate dall’ateneo romano. Tema della serata: Cuocere quanto basta… Ma quanto basta?

uni3_fic_2

Il dilemma del Q.B. (quanto basta)
La cottura di un uovo in camicia già appare ben complicata; in un intervallo di soli 4 gradi centigradi, dai 59° ai 63° per la precisione, il nostro uovo passa da crudo a stracotto. Tecnicamente avviene la denaturazione delle proteine, a temperature che variano da alimento ad alimento. Nel caso della carne rossa, questo intervallo è un po’ più ampio, va dai 55° del manzo al sangue ai 70° del manzo ben cotto. Quanto vale allora il “quanto basta”? La risposta della fisica è la risoluzione dell’equazione della diffusione del calore, cosa che pone qualche problemino a causa del materiale (la carne) non proprio uniforme, anzi, non proprio isotropo. Ma niente paura, perchè oggi, grazie al sous-vide, alias cottura sotto vuoto a bassa temperatura, è possibile inserire la nostra bistecca in un bagno termostatico alla temperatura desiderata (diciamo 55°C per una cottura al sangue) e poi sarà solo questione di tempo, affinché tutto il volume della nostra bistecca giunga alla temperatura desiderata. Quanto basta per raggiungere i 55°C al cuore di una bella bisteccona di manzo alta 3 cm? Beh, gli strumenti della fisica ci dicono 82 minuti, secondo più secondo meno. Seguirà poi un rapido passaggio su piastra di ghisa o griglia rovente (che sia oltre i 160°C) per far avvenire la reazione di Maillard che formerà la succulenta crosticina esterna.

uni3_fic_5

La puntarella perfetta
In una lezione di fisica, per chi fisico o metematico non è, bisogna saper solleticare la pancia dello spettatore e l’istrionico professor Bruni ci riesce con un must della cucina romana: le puntarelle. La fisica può rispondere a due quesiti fondamentali per questo piatto: perché si arricciano e come condirle al meglio. Entrano in gioco le forze elastiche, la pressione osmotica e la composizione delle fibre delle puntarelle sfilacciate che hanno la parte verde esterna di composizione diversa rispetto alle fibre bianche interne; una volta messe in acqua le puntarelle, le fibre interne bianche, più elastiche, assorbiranno più acqua rispetto alle fibre verdi esterne. La puntarella sarà quindi soggetta ad una forza interna dovuta alla pressione osmotica e le fibre bianche interne si derformeranno più delle fibre verdi esterne, che risultano più rigide, per la tipica conformazione cellulare. La differenza di elasticità, quando soggette alla pressione osmotica, farà sì che la puntarella tenderà a piegarsi e lo farà sempre nello stesso verso, ovvero con le fibre esterne verdi concave. Ora, la puntarella perfettamente arricciata, va condita senza farle perdere l’arricciatura. Dei condimenti tipici, sale, olio, aceto, acciughe, sarà meglio non iniziare con i due elementi salati che tenderranno ad estrarre l’acqua dalle puntarelle. Tra olio e aceto, quest’ultimo, a causa dell’acidità tenderà comunque a far ammosciare la puntarella. Sarà quindi meglio iniziare a condire le puntarelle partendo dall’olio.

uni3_fic_6

Emulsioni, sferificazioni & co
La maionese è forse l’emulsione più conosciuta al mondo; la fisica è in grado di spiegarci come avviene e perché a volte impazzisce. La maionese è composta da tante piccolissime goccioline di grasso (olio) disperse in un liquido non miscibile (il tuorlo). A livello microscopico, quando il volume di olio avrà raggiunto circa il 64% del totale, si sarà creata l’emulsione che sarà stabile finché tutte le goccioline saranno dello stesso volume, stabilità aiutata anche da elementi tensioattivi come il limone o l’aceto. Ma quando una gocciolona d’olio incontra una gocciolina, quest’ultima soccombe e viene inglobata dalla gocciolona, fenomeno meglio noto come coalescenza.
Le sferificazioni, introdotte nell’alta cucina da Ferràn Adrià, sfuttano invece le proprietà di alcune sostanze, come l’alginato di sodio o di calcio, l’agar agar, per dare una nuova forma alla materia. Aldilà delle reazioni chimiche, queste sostanze introducono maggior viscosità tra gli elementi costituienti la ricetta, di modo che si possa “plasmare” una nuova forma – come la sferificazione o spaghettificazione – oppure ottenere consistenze diverse a seconda della forza che viene impressa. Molto divertente il video della piscina riempita con acque e amido di mais, sulla quale si può letteralmente camminare… oppure affondare.

Ho trovato molto bella l’iniziativa dell’Università Roma3 di aprirsi alla cittadinanza, attraverso le lezioni divulgative di fisica; sarà stato il tema particolare (non si parlava di neutrini o onde cosmiche) o la bravura del relatore, docente di Fisica in Cucina nel corso di laurea in Scienze e Culture EnoGastronomiche a Roma3, ma nell’Aula Magna del rettorato si è registrato il tutto esaurito lo scorso mercoledì.

Se vi solleticano le lezioni divulgative di fisica in calendario per l’anno 2017, trovate qui per il calendario completo.

uni3_fic_1

L'autore Vedi tutti gli articoli

Fabrizio Cioffi

1 Commento Aggiungi un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati da *