Vincenzo Corrado, cuoco galante

Nella capitale borbonica, nella seconda metà del ‘700, una vera e propria “star dei fornelli” diletta le mense aristocratiche, negli anni che precederanno l’insurrezione giacobina e la breve parentesi della Repubblica di Napoli.

Nel 1749 Napoli è una città cosmopolita, in pieno fermento culturale, sociale e politico; Vincenzo Corrado vi giunge dalla Puglia, appena adolescente, introdotto come paggio alla corte del principe Michele Fontana, gentiluomo di camera del re, grazie al quale riuscirà a completare gli studi in matematica, astronomia, scienze naturali e arte culinaria. E proprio questi ultimi lo porteranno all’apice della sua carriera, quando verrà nominato Capo dei Servizi di Bocca – ovvero, il sovrintendente alla cucina e alle preparazione delle vivande e all’organizzazione dei banchetti – del principe.

Nonostante le umili origini, Vincenzo è abbagliato dallo sfarzo di corte, dalla suntuosità baroccheggiante dei banchetti, quasi stregato dai personaggi che frequentano la corte. Sono anni di grossi divari sociali e lui ha la fortuna di servire le tavole più altolocate del regno, dominate da più di un secolo dai Monsù, i cuochi francesi voluti a corte dalla regina Maria Carolina, sorella di Maria Antonietta di Francia; ogni famiglia nobile che si rispetta annovera un Monsù nei suoi ranghi.

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Dirck Hals – Il banchetto

Il gusto di Vincenzo si forma sulla cucina francese, che per la corte era oramai tradizione; cucina tradizionale da cui partire, senza rinnegarla, ma integrandola, arricchendola di ingredienti mai o pochissimo usati come i pomodori, le patate. O come le erbe fresche e le alici, così comuni e popolane nella cucina napoletana. Tutto lo scibile culinario di Vincenzo Corrado troverà spazio nel suo libro, dato alle stampe nel 1773, il Cuoco Galante, soprannome affibbiatogli dagli aristocratici che frequentavano le sue tavole. Non solo ricette: ampi capitoli sono dedicati alla descrizione delle materie prime, all’impiattamento delle vivande, all’uso di tendaggi, cristalli, argenterie e porcellane, vere e proprie scenografie di banchetti suntuosi. “L’abbondanza, la varietà, la delicatezza delle vivande, la splendidezza e la sontuosiotà delle tavole richiedevano una schiera di uomini d’arte, saggi e probi”; anche le maestranze che rendevano possibili questi banchetti – l’odierna brigata – furono ampiamente descritte nel Cuoco Galante: dal friggitore al pasticciere, dal bottigliere al ripostiere.

La chiave del successo inaspettato di questo libro – riproposto in ben sette edizioni, quando Corrado era ancora in vita – è nell’ampiezza dei temi trattati e nella semplicità del linguaggio adottato. Un capitolo, in particolare, fu dedicato al Vitto Pitagorico, basato su erbe fresche, radiche, fiori, frutta, semi e tutto ciò che la terra produce, secondo la teoria dell’epoca che un riavvicinamento alla natura avrebbe favorito la buona salute ed un’aspettativa di vita lunga e sana. Non fu forse un caso se Vincenzo Corrado morì pochi mesi dopo aver compiuto 100 anni.

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Vincenzo Corrado pubblicò anche altre opere di carattere gastronomico: Credenziere del buon gusto, del bello del soave e del dilettevole per soddisfare gli uomini di sapere e di gusto, il Trattato sulle patate, Manovre del cioccolato e del caffè, Trattato sull’agricoltura e la pastorizia ed infine Poesie baccanali per commensali.

Volendo dilettarsi con una delle ricette presenti nel libro, proponiamo una delle più semplici: Triglie imbrocciate “si accomodano sopra un foglio di carta, condite di pangrattato, pressemolo trito, un senso d’aglio, aregano, sale e pepe, tutto mescolato; e con olio e sugo di limone bagnate, si faran cuocere al forno e si servono calde”

La curiosità: “Vincenzo Corrado ristorante” è nato nel 2011 ad Oria, città natale di Vincenzo Corrado, in un vecchio frantoio ipogeo del 1700; oggi propone piatti del Corrado arricchiti dalla coreografia scenografica tipica dell’epoca federiciana.

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Fabrizio Cioffi

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