I fagioli di Garliano

Uno straordinario contenitore in vetro, dall’aspetto alchemico, con dentro tanti piccoli fagioli che sobbollono insieme ad aglio e salvia. Il profumo che esce dalla chiusura in stoppa è paradisiaco. Accanto, una bottiglia di olio extravergine di oliva rigorosamente toscano e del pane cotto a legna fatto con farine macinate a pietra e impasto con lunghissima lievitazione, degni compagni di quella rara meraviglia. Ma di cosa parliamo? Fagiolo di Garliano al fiasco. Una pregiata delizia per pochi, pochissimi eletti.

Cominciamo dall’inizio. All’inizio fu il fagiolo. Beh, più che all’inizio diciamo dopo la scoperta dell’America, anche se prima qualche fagiolo già c’era (il fagiolo dall’occhio, la fagiolina del Trasimeno), ma non divaghiamo. Dei fagioli toscani tanto si è detto e tanto si è scritto. Il più famoso è indubbiamente il fagiolo Zolfino del Pratomagno (attenzione, come esistono tanti Piero ma un solo Piero della Francesca, esistono tanti fagioli zolfino, ma uno solo del Pratomagno, poiché è il terreno e il microclima in cui cresce a renderlo unico e speciale!), ma quello che vi vorrei far conoscere è meno conosciuto, ma per me altrettanto pregiato, fagiolo di Quota o di Garliano.

Ci troviamo nella terra dell’alto Casentino, che sebbene non abbia dato i natali a Piero della Francesca, è stata casa dei fratelli della Robbia, di Paolo Uccello, oltre ad aver ospitato Dante Alighieri e soprattutto San Francesco nell’eremo della Verna. Indimenticabile poi l’abbazia di Camaldoli, i castelli di Poppi e Romena, il parco nazionale… ma non siamo un ufficio turistico e forse è meglio tornare a parlare dei fagioli.

Il Casentino è caratterizzato da monti e vallate, ma sono soprattutto le parti montuose che donano frutti della natura di altissimo pregio: la patata rossa di Cetica, le castagne e i marroni (con le farine splendide come quella di Cetica o quella di Ortignano Raggiolo, a doppia infornatura, dal gusto tostato e dolcissimo), le noci, il formaggio pecorino, ricotta e raviggiolo… e infine lui, il fantastico fagiolo di Quota o Garliano.
Quota e Garliano sono due frazioni minuscole nella cui area viene coltivato da lunghissimo tempo questo fagiolo, bianco nano da sgusciare, con un seme piuttosto piccolo di color bianco con leggere venature grigio chiaro.

Nella tradizione questo fagiolo veniva seminato tra i filari di vite o associato al granturco.
In tempi attuali il letto di semina è preparato con coltratura verso aprile, con fresatura ad inizio giugno. Poi si formano i solchi e avviene la semina, rigorosamente a luna calante Una leggera fresatura per coprire i semi, non più di ¾ cm di terreno.
Mentre un tempo le file erano più fitte (anche perché la scerbatura veniva fatta a mano) adesso le postarelle distano 45/50 cm le une dalle altre, per permettere una lavorazione meccanica. La semina è ritardata per permettere una germinazione in 4/5 gg. La concimazione è effettuata con pecorino e letame equino, la coltura non riceve irrigazione e come trattamenti, solo poltiglia bordolese. La raccolta del prodotto fresco è a scalare mentre è contemporanea in quello secco, con estirpazione della pianta e raccolta dopo l’essiccazione. I baccelli sono poi battuti a mano su un telo, e una volta aperti vengono messi ad essiccare al sole, vagliati, ventolati e rimessi di nuovo a seccare.

Il quantitativo prodotto è veramente poco ed è possibile acquistarlo nei negozi locali (il viaggio vale davvero la candela, come si dice da noi) dove va a ruba per le straordinarie caratteristiche che lo contraddistinguono.
Si tratta infatti di un fagiolo che, entro sei mesi dalla raccolta, non necessita ammollo, grazie alla buccia sottilissima. Ha un aroma delicato, che viene esaltato nella cottura al fiasco o nel tegame di coccio (la fagioliera, caratterizzata dalla forma panciuta). Ma come si cucina al meglio il fagiolo in questione?

Fagioli di Quota o Garliano al fiasco

Quella della cottura nel fiasco è una tradizione antica che voleva nelle case contadine toscane l’utilizzo del fiasco del chianti spogliato della sua paglia (ovviamente quando la paglia era distrutta e il fiasco inutilizzabile per il vino) per cuocere i legumi, spesso presenti sulla tavola come sostituto della carne.
Il fiasco veniva posto all’interno del forno dove era stato cotto il pane, quando il grande calore si era ridotto e restavano le braci, ancora troppo calde per cuocere i dolci, ma perfette per cuocere, con tempi lunghissimi, i fagioli, che erano inseriti all’interno con acqua, aglio, olio, salvia. Il foro di apertura era poi chiuso con la stoppa, in modo da non far uscire i fagioli ma permettere comunque al vapore che si formava all’interno di fuoriuscire. In tempi più moderni il fiasco si è spostato dal forno alla brace dei camini, fino poi a divenire oggetto di culto per amanti della tradizione che lo utilizzano sulla fiamma del piano a gas, o, più correttamente, nel forno elettrico o a gas, in modo che il calore raggiunga il fiasco da tutte le parti e non solo da sotto. Sebbene il fiasco nella versione moderna abbia modificato la sua forma (non più con base stondata ma con base piatta, in modo da poterlo appoggiare sul piano cottura e con bocca ben più ampia in modo da facilitare l’uscita dei fagioli una volta cotti) la pratica più diffusa attualmente risulta la cottura nella fagioliera, un tegame di terracotta panciuto più facile da reperire, meno costoso del fiasco e soprattutto più agevole.

Ingredienti:
500 g di fagioli di Quota o Garliano (occhio che ne vengono tanti alla fine)
5/6 foglie grandi di salvia
2 spicchi d’aglio in camicia (con la buccia)
sale, pepe in grani (un cucchiaio)
3/4 cucchiai di olio extravergine di oliva toscano

Mettete in un fiasco, o in un tegame panciuto di terracotta, i fagioli con tutti gli altri ingredienti ad eccezione del sale. Coprite di acqua (almeno 3 volte il volume dei fagioli) e portate lentamente ad ebollizione. Schiumate con cura. Fate cuocere a fiamma bassissima, coperto, lasciando fremere per almeno 3 ore, o fino a quando i fagioli non saranno morbidi. A quel punto aggiungete il sale, mescolate delicatamente e fate raffreddare. Nel caso in cui l’acqua si consumasse troppo velocemente e i fagioli restassero scoperti, aggiungetene un po’ bollente.
Servite a temperatura ambiente o caldi, con un bel giro d’olio toscano.

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Rossanina Del Santo

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