La fresella: la cucina povera è servita

Umile, coriacea, versatile. Così è la fresella, o frisedda, o frisa, sorta di pane biscottato che nella stagione calda diviene protagonista sulle tavole del sud. E’ incerta l’etimologia del nome, con le sue innumerevoli varianti locali. L’ipotesi più ragionevole sembra quella che la fa risalire al latino frendĕre, che significa triturare, rompere, e richiama l’uso di spezzettare la fresella per consumarla.

La sola certezza è che si tratta di un alimento dalle remote origini che oggi vive il suo momento di gloria nella stagione estiva ma ha costituito la base dell’alimentazione di marinai e viaggiatori per secoli, tanto che in Puglia acquisisce il nome alternativo di “Pane dei Crociati”, essendo stata uno degli elementi del vettovagliamento delle armate cristiane che si recavano in Terrasanta.

Sostituta del pane fresco, caratterizzata dalla durata praticamente illimitata e dalla facilità di conservazione, era l’insostituibile compagna di chi trascorreva mesi e mesi in navigazione. La forma, per lo più ad anello, consentiva di far passare un filo nel foro centrale creando collane di freselle che facilitavano il trasporto e venivano poi tenute appese a chiodi. L’estrema durezza richiedeva e richiede, per il consumo, che venissero abbondantemente bagnate, un tempo con l’acqua di mare, oggi, non potendo più far conto sulla potabilità della medesima, con semplice acqua di rubinetto.
Ad Agerola, in provincia di Salerno, che ne forniva grandi quantità agli equipaggi in partenza dal porto di Amalfi all’epoca in cui la cittadina era una prospera repubblica marinara, la tradizione del “biscotto di grano” (vascuotto nel dialetto locale) non è mai morta. Lo si produce con farina bianca, integrale o nella versione “di granone”, con farina di mais e frumento, in entrambi i casi con crescito (lievito naturale). Sembra però che il biscotto tipico agerolese vedesse originariamente la presenza anche di farina di segale, cereale che veniva un tempo coltivato nell’area circostante col nome di jurmano o grano jurmano (germanico).
Il nome “biscotto” è quello più appropriato: delle forme di pane, a filone o a ciambella, vengono prima cotte in forno normalmente, quindi tagliate a fette spesse, nel caso dei filoni, o a metà lungo la circonferenza con un filo d’acciaio, nel caso delle ciambelle, e infornate una seconda volta fino a diventare asciutte e croccanti. Il pane, in breve, è cotto due volte: bis-cotto, appunto. La lavorazione tradizionale agerolese prevede una biscottatura di circa 12 ore fatta sfruttando il calore residuo del forno dopo la precedente cottura del pane.
Nelle regioni di produzione, tanti e fantasiosi sono gli utilizzi di questo pane disidratato e biscottato: in Campania è la base per la Caponata, piatto tipico napoletano completamente differente dal suo omonimo siciliano: ammorbidita con acqua, la fresella viene poi condita con abbondante olio di oliva extravergine, sale, pomodori, origano o basilico e ciò che la fantasia suggerisce: olive, tonno, fagioli, polpo; in Puglia la frisella o frisedda si condisce con olio, pomodori spremuti per ricavarne il succo e, a piacere, cipolla rossa, lampascioni, carciofini o caroselli, una sorta di ibrido spontaneo tra cetriolo e melone. Si utilizza anche per preparare la Cialledda, con gli stessi ingredienti, freddi o caldi, in sostituzione del pane raffermo tagliato a fette spesse (ideale quello di Altamura).
Nel Cilento entra nella composizione di molti piatti poveri, come l’Aqua Sale, simile alla caponata napoletana, e l’Acqua Cecata, preparata facendo soffriggere olio, aglio, acciughe e pomodorini e versando sulla fresella il soffritto diluito con acqua bollente.
Da qualche anno l’umile fresella, mai passata di moda, è protagonista anche di una sagra interamente a lei dedicata, che si svolge a Eboli in luglio. Certo è che l’abbinamento con verdure fresche, olio, erbe aromatiche la rende una sintesi perfetta della dieta mediterranea; e giacché di Mediterraneo si parla, è impossibile non citare il dakos cretese, detto anche koukouvagia, piatto che ha alla base i paximadia, pane biscottato simile alle nostre freselle, preparato con farina d’orzo, talvolta aromatizzato con cannella, e condito con pomodori schiacciati, olio e myzithra, un formaggio fresco di pecora o di capra. Da consumare senza moderazione se ci si trova a passare per l’isola greca.

Foto: Fotolia – File: #46611354 | Autore: ppi09

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Giovanna Esposito

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