Il Carnevale di Ivrea e i fagioli grassi

La città di Ivrea si trasforma per il carnevale. Di più, il carnevale la possiede, la colora di stemmi e drappi, trasforma i suoi abitanti in appassionati combattenti, la ricopre di uno strato di polpa di arance mista a letame di cavallo e poi se ne va, per lasciarle il tempo di riprendersi fino all’anno successivo.

Lo Storico Carnevale di Ivrea rievoca un episodio che si fa risalire al medioevo, quando la figlia di un mugnaio si ribellò al signorotto locale che reclamava il diritto allo ius primae noctis e si scatenò la rivolta popolare.
Se la Mugnaia è la regina delle sfilate in costume, accompagnata dal Generale e da tutta una serie di personaggi minori – vivandiere, paggi, pifferi, abbà – che attraversano la città a cavallo accompagnati dalla musica della banda, è la battaglia della arance che attira le migliaia di turisti che affluiscono a Ivrea con tutti i mezzi.
Le arance non sono certo prodotto tipico del Canavese, ma pare che siano state scelte all’inizio del secolo scorso per rappresentare cromaticamente il sangue della battaglia.
Lo spettacolo è inimmaginabile se non lo si è mai visto dal vivo, suoni e odori colpiscono almeno quanto le immagini.

Le nove squadre degli aranceri a piedi rappresentano, contrada per contrada, il popolo che combatte contro i signori. Questi ultimi, protetti da caschi e armature, passano di piazza in piazza a bordo di carri trainati dai cavalli. I carri si fermano prima dell’ingresso nelle piazze. I combattenti infilano i loro caschi nel silenzio generale e mentre il carro si muove e si ferma in mezzo agli aranceri, a centinaia, vestiti con i colori della loro contrada, si scatena la battaglia. I due gruppi si confrontano a colpi d’arancia. Gli aranceri a piedi, armati di coraggio più che di ogni altra cosa, ottengono il riconoscimento del loro valore dopo i duelli più coraggiosi, al prezzo di lividi e occhi pesti.

Tutt’intorno i turisti, più o meno assiepati dietro le reti di protezione, assistono alla battaglia indossando il cappello frigio, una sorta di calza rossa che dovrebbe garantire la loro incolumità – almeno dai lanci mirati che vengono effettivamente indirizzati a chi non lo porta.
La battaglie sono giornaliere dalla domenica che precede il martedì grasso al martedì stesso, per il 2017 dal 26 al 28 febbraio.
La folla dei turisti è presente soprattutto la domenica, ma per partecipare a tutte le iniziative goliardiche delle squadre degli aranceri nelle varie contrade è consigliabile arrivare il sabato, mangiare quello che si trova nelle varie bancarelle, ballare a lungo con la musica dal vivo sostenuti dal vin brulé – vino caldo speziato – e anche fare compagnia ai tanti volontari che cucinano i fagioli grassi distribuiti dalla domenica mattina.

Le preparazioni iniziano il sabato mattina, quando si allestiscono le cucine da campo e quintali di fagioli sono messi in ammollo per una decina di ore almeno. Cotti a lungo durante la notte a bassa temperatura, insieme a cotenna, orecchie e piedini di maiale, si servono morbidi, ma non sfaldati, con o senza salamelle e scaldano il corpo e il cuore di quanti fanno rivivere ogni anno una tradizione che ricorda agli abitanti di Ivrea – gli Eporediesi, misteri della lingua italiana – che l’unione fa la forza.

 

         

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Claudia Mondino

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